Dopo il successo di Superbrands, l’importante programma (di cui è Editor e Promoter) che aggrega le grandi marche che sanno distinguersi nel mercato odierno, Sergio Tonfi torna dietro la macchina da scrivere per Super Brands – Da grandi poteri, grandi responsabilità. Edito da Franco Angeli, questo volume – dal 5 ottobre nelle librerie – delinea, attraverso case history di successo, gli elementi che rendono un’azienda degna di essere definita “super”, un modo di essere che si mantiene costante nel corso degli anni e che accompagna il pubblico durante la sua vita. Verrà presentato a breve a Milano in occasione di Brandy, in programma il 18 e 19 ottobre, e al Festival della Crescita il 21 ottobre. Grazie anche al contributo di esperti del settore, il volume di Sergio Tonfi si afferma come utile “bibbia” per i consumatori e le stesse aziende, mostrando loro come l’essere super sia vantaggioso e, soprattutto, necessario.
Sergio, come mai un libro che parla di Super Brands?
C’è bisogno secondo me di dare più profondità al pensiero che è dietro l’operazione Superbrands, il movimento che aggrega le super marche. Essere Super Brands però non è soltanto partecipare a questa iniziativa: c’è una teoria infatti, un pensiero dietro. Questo libro provoca le aziende, le sprona a interessarsene per divenire a loro volta super. Cerco di dimostrare perché il rispetto e la sostenibilità sono davvero dei valori competitivi, la base per essere degli ottimi brand oggi. Ho preso 12 esempi di super marche, raccontando la loro storia per far capire cosa fanno per essere a quei livelli. Alla base del libro, ovviamente, c’è sempre questa opposizione tra normale e super: limitarsi a essere normali ti riduce a uno stato “depressivo”, quindi bisogna dare di più.
Al tuo libro hanno partecipato molti tuoi amici ed esperti dell’argomento. Qualche nome?
Il loro è stato un contributo prezioso, e per questo li ringrazio davvero molto: da Francesco Morace ad Andrea Farinet, da Carlo Alberto Pratesi ad Alberto Contri… Sono tutte persone che stimo e che hanno partecipato a questo libro con il loro pensiero, che ha forti elementi di coincidenza con il mio.
In un’epoca colma di incertezze come la nostra, è dunque davvero importante avere tra i punti di riferimento i Super Brands?
La teoria nasce da qui infatti: io faccio sempre il paragone con i supereroi, perché le grandi marche si prendono delle responsabilità che vanno al di là dei ragionamenti economici. Le grandi marche le amiamo come consumatori ma anche perché sono dei veri attori che rendono il mondo migliore. Ovviamente fanno anche il loro interesse, ma se sono super sono capaci di andare oltre. Come Superman, mettono il “potere” che hanno al servizio degli altri. Le grandi aziende hanno molte delle soluzioni ai principali problemi della società di oggi soprattutto quando si mettono insieme e lavorano all’unisono, e ancor più quando coinvolgono le istituzioni, con le quali bisogna sempre interloquire.
Nel libro si parla di ConsumAutore: di chi si tratta?
È un termine coniato da Francesco Morace: si riferisce al moderno consumatore nel momento in cui diventa anche lui l’autore di comunicazione. In questo modo per i brand è più difficile da convincere, e le marche super lo hanno capito. Un’azienda non può semplicemente lanciare il proprio messaggio senza pensare di dialogare con il destinatario, senza interessarsi al suo pensiero. Si cerca di coinvolgerlo, e diviene quindi autore anch’egli delle comunicazioni fatte dall’azienda.
A quale pubblico è rivolto un libro come Super Brands?
I principali target di riferimento sono due: il primo è quello composto dalle aziende, che vorrei provocare offrendo loro questo pensiero, una vera e propria sfida da intraprendere per il domani, per divenire anche loro super e trasformare il loro modo di essere attraverso innovazione, autenticità e responsabilità. Il secondo è quello degli studenti di comunicazione e marketing. In alcuni atenei credo che queste materie siano insegnate ancora un po’ “all’antica”, senza un’esperienza concreta del mondo che ruota attorno ai brand. Bisogna portare dei veri esempi dentro l’università, delle testimonianze reali di casi di successo.