Proprio su quest’ultimo punto si innesca l’ultima importante novità organizzativa che interessa il quartier generale di Slow Food a Bra: dal 1 marzo 154 membri dello staff delle società Slow Food Italia APS, Slow Food Internazionale, Slow Food Promozione Srl SB, Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus, Fondazione Terra Madre e Università degli Studi di Scienze Gastronomiche possono usufruire di un massimo di 8 giorni di lavoro agile ogni mese. Secondo le norme introdotte dal decreto legge 81/2017, i dipendenti possono cioè organizzare la propria giornata lavorativa senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, disponendo di strumenti digitali adatti a lavorare in mobilità e rispettando l’accordo individuale sottoscritto dalle parti.
«Si tratta di un cambiamento importante della cultura aziendale che va verso un’organizzazione per obiettivi, permettendo di conciliare il tempo dedicato al lavoro con le esigenze di vita privata. Diverse sono le ricadute immediate, oltre naturalmente a una maggiore serenità del singolo individuo: il miglioramento dell’ambiente di lavoro e del sentimento di appartenenza, grazie a un rapporto basato sul dialogo, l’ascolto, la fiducia e la lealtà reciproche; il contributo al contenimento dell’inquinamento ambientale, grazie ai minori spostamenti e, a tendere, una riduzione dei costi di mantenimento della struttura» afferma Buttignol.
I benefici dello smart working
Secondo la ricerca dell’ottobre 2018 presentata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, nonostante l’Italia sia il fanalino di coda, più per una questione di diffidenza culturale che di difficoltà oggettive, nel 2018 gli smart worker sono stati 480mila, il 20% in più rispetto al 2017, pari al 12,6% del totale degli occupati che in base alla tipologia di attività potrebbero svolgere il lavoro agile.
I benefici economico-sociali potenziali sono enormi sia per i dipendenti che per l’azienda: basti pensare che anche una sola giornata a settimana di remote working può far risparmiare al dipendente in media 40 ore all’anno di spostamenti e per l’ambiente determina una riduzione di emissioni pari a 135 kg di CO2 all’anno. Per le aziende si calcola invece che l’adozione di un modello “maturo” di smart working possa produrre un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore.
Si tratta di un percorso che richiede il dovuto sostegno, soprattutto per l’universo Slow Food i cui numeri non sono da grande impresa e ogni componente dello staff risulta indispensabile. «Stiamo ridefinendo la nostra organizzazione aziendale per andare incontro agli obiettivi dell’associazione e alle sfide che il movimento vuole affrontare a livello globale. Il percorso verso il lavoro agile rientra in questa nuova ottica, ma come ogni piccola grande rivoluzione va accompagnata, innanzitutto a partire dall’analisi delle problematiche e dall’ascolto delle necessità» conclude Daniele Buttignol.
Ad accompagnare Slow Food in un lavoro sartoriale di applicazione della normativa in questi mesi di preparazione del progetto di smart working è stato Andrea Rapacciuolo del Dipartimento di Scienze giuridiche di CRS Laghi, Centro Ricerche e Studi dei Laghi.