Da undici anni Regenesi, azienda bolognese specializzata nell’ideazione e creazione di accessori moda e design 100% riciclati, porta avanti una filosofia ben precisa, secondo la quale bellezza e lusso possono rinascere dal post consumo, al pari di una mitologica e fiera fenice. Dalle “ceneri” del riciclo e degli scarti industriali, Regenesi è riuscita infatti a ricavare prodotti pregiati e di alta gamma, accattivanti nelle forme e nei colori, donando così nuova vita e dignità a materiali come pelle, tessuti, plastica, alluminio, gomma e cartone. I rifiuti trasformati in piccoli gioielli di meravigliosa fattura, attraverso un processo sostenibile: ecco la proposta di Regenesi per il futuro del business di moda e design. Abbiamo approfondito la storia e i propositi di Regenesi, nell’ottica di una piena realizzazione dell’economia circolare, con la fondatrice e CEO dell’azienda, Maria Silvia Pazzi.
Come nasce l’avventura di Regenesi e quali sono i valori che guidano la crescita dell’azienda?
Regenesi nasce nel 2008, in occasione di un viaggio a Napoli, quando la città si trovava nel pieno di una tragica emergenza rifiuti. E il contrasto tra la bellezza dei monumenti e dell’ambiente circostante strideva con i cumuli di spazzatura. Di lì la domanda: “quanto sarebbe bello (e soprattutto utile) riuscire a trasformare i rifiuti in bellezza, dando ai materiali post consumo una nuova veste e soprattutto ricollocazione nelle nostre case (cucine e armadi) o uffici?” E di lì è storia.
Quali e quante storie ha raccontato il brand negli ultimi undici anni e come intende proiettarsi nel prossimo futuro?
Ogni oggetto prodotto da Regenesi ha una sua storia, come dire un antenato e, grazie a un ciclo di produzione circolare, avrà anche dei discendenti, per cui le storie sono potenzialmente infinite. Posso però sicuramente ricordare i progetti che abbiamo realizzato in partnership con grandi aziende come Dainese e in collaborazione con grandi designer del panorama nazionale e internazionale come Denis Santachiara, Matali Crasset, Giulio Iacchetti e Setsu & Shinobu Ito per citarne alcuni. Cosa prevediamo per il futuro? Sicuramente di proseguire con le collaborazioni con i grandi designer ma anche di creare, grazie alla nostra straordinaria flessibilità, nuove partnership con le grandi e piccole e medie imprese.
Lo scorso maggio si è aggiudicata il premio PMI best performer per l’economia circolare 2019: cosa rappresenta per lei questo riconoscimento?
Si tratta di un riconoscimento importante, che premia il nostro impegno, con oltre 11 anni di assennata dedizione, e la tenacia pionieristica che ci ha caratterizzato. Oggi parlare di sostenibilità è praticamente all’ordine del giorno, undici anni fa era avanguardia pura. Infatti nella motivazione ci è stato riconosciuto il costante impegno nell’attuare campagne di comunicazione per sensibilizzare sul tema. Questa è stata un’importante attestazione di merito.
A Milano, con la Fashion Week, la moda è protagonista e sotto i riflettori: quanto questo settore può davvero crescere sulla strada dell’economia circolare, seguendo il vostro esempio?
Oggi tutti i settori, e in modo particolare la moda, sono chiamati a ripensare il proprio modello produttivo, siamo in piena emergenza ambientale. La buona notizia è che, grazie a ciò, tutti potranno trarne progressivamente beneficio economico e reputazionale.
Regenesi: partendo dalla moda, tutti i settori devono ripensare i modelli produttivi per rispondere all’emergenza ambientale
Quali possono essere linee guida comuni per aiutare le aziende a rendere i processi produttivi circolari, in ottica green, mantenendo alta la competitività sul mercato?
Diciamo che non esiste una ricetta che vada bene per tutti. Se consideriamo soltanto il segmento moda questo può essere scisso in tanti segmenti più piccoli, basti pensare all’industria tessile e alla pelletteria solo per citare alcuni esempi. Sono necessari studi di fattibilità e progettazioni specifiche, sicuramente di tratta di fare il primo passo per poi abbracciare l’approccio green e declinarlo a 360° rispetto alla propria identità e stile.
Il Made in Italy può trovare nella post consumer economy una nuova linfa per espandersi sempre di più a livello internazionale?
Made in Italy è un’indicazione di provenienza che “certifica” i prodotti artigianali e industriali italiani distribuiti nel mondo, oggi, oserei dire riconoscendo alle nostre produzioni identità e bellezza. Ciò premesso nella realtà dei fatti ogni materiale ha la possibilità di essere progettato e plasmato in qualcosa di bello. Per cui le ribalto la domanda: perché no?
Quanto è importante oggi il concetto di sostenibilità per i consumatori rispetto alla scelta di un brand?
La sostenibilità per molti non è semplicemente un concetto astratto, bensì una filosofia di vita a cui aderiscono fedelmente per cui la scelta di acquistare capi di abbigliamento e gli oggetti di design sono solo una declinazione di questo principio. Più in generale, il livello di attenzione delle persone su questo tema è maggiore, e proprio per questo i consumatori sono sempre più attenti nelle proprie scelte, privilegiando quei marchi che davvero si impegnano nel creare filiere produttive sostenibili a beneficio tanto dell’ambiente quanto dell’intera collettività.
Come si lavora e si comunica per promuovere sensibilità green ed economia circolare?
Per noi di Regenesi si è trattato di raccontare la nostra verità, le nostre esperienze e i nostri successi. Tutti guadagnati sul campo, certo senza sconti, ma le vittorie poi hanno avuto un sapore più dolce.
Quali saranno le prossime sfide di Regenesi?
La nostra è una sfida continua con noi stessi (i nostri obiettivi) e il mercato più in generale. Sicuramente stiamo lavorando alle nuove collezioni e al lancio di nuove partnership nei contesti moda e design. Inoltre stiamo sviluppando delle straordinarie capsule collection co-branded per i regali che molti clienti e dipendenti troveranno sotto un albero di Natale sempre più green e sempre più riciclato.
*Nella foto, da sinistra a destra: Nicoletta Polla Mattiot de Il Sole 24 ORE, Matteo Marzotto, Presidente di Dondup e Maria Silvia Pazzi, Fondatrice e CEO di Regenesi.
Elisabetta Pasca