“La valanga dei Big Data sta impattando anche sul comparto delle ricerche di mercato”, ha esordito questa mattina Umberto Ripamonti, Presidente di Assirm, l’Associazione delle aziende di ricerche di mercato, sondaggi di opinione e ricerca sociale, aprendo il Marketing Research Forum al MiCo di Milano. “La rapida evoluzione tecnolgica e la pervasività del digitale stanno cambiando modelli di business consolidati. La ricerche “classiche” mantengono un ruolo fondamentale, ma sempre più si affacciano sul mercato nuove tipologie di player: una situazione che ci impone di governare un cambiamento epocale”.
“Vi è ormai un’abbondanza quasi infinita di informazioni e dati”, ha aggiunto il VicePresidente Andrea Giovenali, “Nostro compito è “mettere ordine” in questo caos, separare l’evidenza significativa dal rumore di fondo, perché l’imperativo strategico è l’utilità, concreta, per le strategie e il business delle imprese clienti”.
“Il dato, l’informazione tornano a essere al centro dei processi decisionali dell’azienda”, ha confermato Ripamonti. “Anche per questo abbiamo dato vita all’indagine “Research 2020: la parola agli utenti”, che analizza il comparto dal lato della domanda e mette inluce percezione e attese dei nostri stakeholder”.
La ricerca, coordinata da Guendalina Graffigna, Direttrice del Centro Studi Assirm, è stata condotta su un panel di 218 rispondenti tra Direzione e Amministrazione, Marketing e Ricerca, Comunicazione e Vendite, di aziende italiane e internazionali, e mostra come le aziende ricorrano soprattutto a ricerche quantitative, ad hoc digital per il 92% degli intervistati e “tradizionali” per l’89%. Non manca inoltre l’utilizzo delle nuove metodologie di analisi come Social media listening e Buzz online, scelte dal 55% delle aziende.
Le aziende clienti scelgono, nella quasi totalità dei casi, di rivolgersi agli istituti per le proprie ricerche: il 94,3% dei rispondenti ha infatti dichiarato di aver chiesto la consulenza di un istituto durante l’ultimo anno. Nella scelta del provider esterno sono tre le principali leve che influenzano le aziende: il rapporto costi/benefici per l’80,4% delle aziende, il rigore e la scientificità della ricerca per l’88% e, soprattutto, la presentazione chiara dei risultati, elemento chiave per il 90,9% dei rispondenti. Il Value for Money risulta quindi essere elemento importante, ma solo al terzo posto: qualità e scientificità sono i valori più strategici.
“l fattore economico rimane rilevante”, ha chiosato Ripamonti, “ma non assistiamo a una rincorsa al low cost. Prevale piuttosto la ricerca dello “Smart Value” di una ricerca efficace per l’obiettivo preposto”.
Non a caso le ricerche commissionate esternamente soddisfano decisamente i clienti: oltre il 55% delle aziende ha infatti dichiarato di essere molto soddisfatto del risultato ottenuto soprattutto grazie a “tempi di esecuzione” (60,3%) e “rigore e scientificità” (60,8%).
E verso quali metodologie andrà il mercato? Le aziende nei prossimi anni punteranno all’online e al mobile per l’89% dei rispondenti, aumenteranno anche le analisi sui social media per l’82% delle aziende. Nel corso della sessione plenaria del Forum, infine, si sono alternate sul palco testimonianze che hanno messo in evidenza vari aspetti della Big Data Revolution. Come quella di Fabrizio Antonelli, Big Data Monetization Program Manager di Telecom Italia, secondo il quale “il Big Data, basato su un universo di dati completo e real time, si affiancherà, integrandolo senza sostituirlo, allo Small Data tipico delle ricerche campionarie”.
Il professor Mauro Castelli dell’Universidade Nova di Lisbona, ha sottolineato la sfida posta dai Big Data “che non possono essere processati con le tecniche tradizionali di Business Intelligence. Le ricerche mostrano che oggi il 30% dei manager, a livello internazionale, non crede nei dati su cui lavora, mentre la scarsa accuratezza dei dati costa alla sola economia USA oltre tre miliardi dollari l’anno”.
Secondo Paolo Stucchi, Chief Strategico Officer di Dentsu Aegis Italia, “è il dato a guidare tutto il processo operativo del centro media, per governare gli Addressable Media. Nostro compito è ottenere, comprare, produrre dati. E soprattutto saperli gestire, in un’ottica in cui la quantità non è più qualità”.
Luigi Onorato, Partner Strategy di Deloitte Consulting, ha concluso ammonendo che la crescita esponenziale dei dati è solo all’inizio: “presto la definizione stessa di Big Data sarà superata da un’altra ancora più iperbolica”. E soprattutto ricordando “che l’uomo ha una “incapacità naturale” di comprendere appieno le profonde dinamiche e le conseguenze di una crescita esponenziale, e di identificarne il punto di non ritorno”.