“No show, no business” è il tema eloquente della terza edizione di IF! Italians Festival, in programma dal 6 all’8 ottobre al Teatro Franco Parenti di Milano e l’energia della kermesse promossa da Adci e Assocom si concentra nuovamente su elementi chiave per l’universo creativo come formazione, ispirazione, innovazione ed entertainment. Più spazio allo spettacolo, per contribuire a consolidare una vera e propria cultura della creatività. Per cominciare ad entrare nel cuore di questa scoppiettante terza edizione, abbiamo intervistato Nicola Lampugnani, Vice-Presidente di Adci e Chief Creative Officer di TBWA/Italia.
Cosa offre il programma 2016 di IF! Festival e quali sono i nuovi obiettivi da raggiungere?
Abbiamo cercato di preparare un programma che fosse un po’ fuori dagli schemi, per differenziarci dagli altri Festival e per fare in modo che un creativo – o chiunque abbia a che fare con il mondo della comunicazione – trovi quella benzina per vivere con felicità il proprio mestiere per il resto dell’anno. Fin da quando abbiamo iniziato a fare IF!, ho sempre pensato che la manifestazione dovesse essere una ricarica di energia per l’anno a venire. Il programma del Festival riguarda la creatività ma tocca anche moltissimi temi vicini, per cui il risultato non è un super focus esclusivo sulla pubblicità, ma un insieme di stimoli che hanno a che fare con il design, la musica, lo spettacolo. Sono tutti elementi che rappresentano la linea editoriale del Festival, per affrontare il tema della comunicazione nel suo senso più ampio. A partire dalla scorsa edizione abbiamo intrapreso anche un lavoro profondo sulla formazione e quest’anno l’impegno in questo senso sarà ancora maggiore, con più occasioni per parlarne e per creare davvero una cultura condivisa tra addetti del settore e clienti. Più i clienti vengono a IF!, respirano l’atmosfera e conoscono le diverse sfaccettature della comunicazione, più in seguito saranno in grado di dialogare ad alto livello con le agenzie. Ecco perché per noi è importante favorire la formazione nella traccia della cultura della comunicazione.
In pochi anni IF! è riuscita a consolidarsi come evento di riferimento per il settore creativo, creando connessioni sempre più proficue con le aziende: oggi come intende implementare le sinergie tra “show” e “business”?
Oggi viviamo un’epoca in cui siamo tutti più propensi a condividere quello che facciamo, siamo tutti dentro la “bolla” dello show, clienti compresi. Anche loro hanno capito che rendere l’esperienza di qualsiasi prodotto in una forma di intrattenimento diventa un fattore dominante. Se i rappresentanti delle aziende assorbono per bene la linea che abbiamo cercato di dare al Festival poi diventa facile capire quanto sia necessario in questo momento storico far percepire un prodotto in un modo coinvolgente e talvolta leggero. Oggi acquistare una marca significa andare al di là del prodotto in sé e accedere e aderire a un sistema di valori ben preciso, rappresentato dal brand. Ovviamente bisogna stare attenti a non far coincidere il concetto di “show” con il concetto di “va bene tutto, purché se ne parli”. Ora più che mai è fondamentale che la comunicazione di marca abbia dei valori corretti, colti, non banali, non negativi né troppo aggressivi. Siamo usciti ormai dal paradigma del “messaggio martellante” che induce all’acquisto, anzi siamo arrivati sulla sponda opposta, in cui l’insistenza non paga. Lo show che vogliamo raccontare noi entra in connessione con le persone in modo bello, “tirandole dentro” attraverso un’esperienza da ricordare.
Quali sono le strategie più efficaci per favorire la comunicazione e la convergenza tra diversi linguaggi e competenze per favorire la diffusione della cultura della creatività?
Dobbiamo tornare a ricordarci che le belle idee innanzitutto creano una connessione tra l’idea stessa e chi la guarda. Questo principio deve continuare ad essere valido anche adesso che siamo praticamente bombardati dai messaggi: non ci crederete ma durante la giornata siamo esposti a più di cinquemila messaggi diversi. La semplicità di un’idea è esprimibile in forme differenti: ad esempio, se consideriamo la tv, pensiamo che il formato dei 30 secondi sia il più performante. Invece le persone, utilizzando quotidianamente e costantemente i social network, e in particolare Facebook, si stanno abituando a vedere dei contenuti video che durano anche molto di più rispetto al canone pubblicitario televisivo. Il paradigma è stravolto: oggi chiunque produca dei video deve ragionare considerando metriche molteplici. Di conseguenza, anche la spettacolarizzazione ha dei tempi più dilatati, più fluidi. Le sinergie tra show e business devono essere in grado di rompere dei paradigmi: se non lo facciamo, non saremo in grado di organizzare il racconto in maniera esaustiva e soddisfacente. Non bisogna pensare che il business possa vivere da solo senza show. Oggi il prodotto è alla base di tutto, se poi viene “spettacolarizzato” nella maniera giusta, assume un vantaggio di diffusione senza eguali, come è accaduto in maniera esemplare per il lancio di iPhone7. Il nostro Festival racconta la trasformazione dei media, che è un cambiamento sempre fluido e continuo. Il format stesso di IF! è predisposto all’evoluzione e segue i movimenti stessi interni alla comunicazione.
In che modo IF! intende mantenere la sua matrice italiana e al contempo essere in grado di raggiungere un respiro internazionale e parlare una lingua globale?
A guidare l’organizzazione del palinsesto c’è, tra le altre cose, la volontà di portare in Italia stimoli che ancora non ci sono per renderli poi nostri. Se vediamo qualcosa che ci piace e ci colpisce all’estero e manca nel nostro Paese, non vediamo l’ora di trasferirla per mostrarla a tutti e inserirla nell’orizzonte del mercato italiano. Io lavoro in pubblicità e seguendo i festival internazionali entro in contatto con meccanismi e linguaggi lontani dai nostri: alcuni di essi possono funzionare anche qui, altri no, è importante esercitare lo spirito critico per ottenere il giusto discernimento in questo campo. Il pubblico di IF! è molto selezionato: chi viene al Festival vuole ragionare, non ha un atteggiamento passivo. La nostra offerta è dunque internazionale ma con uno spirito italiano che vuole tracciare una vera e propria via italiana, per aiutare il mondo della comunicazione del nostro Paese a trovare dei codici che possano essere autenticamente nostri.
La qualità resta il valore fondamentale alla base della manifestazione: in che modo riuscite a garantire standard sempre altissimi?
Sta accadendo qualcosa di straordinario: dopo i primi anni, adesso sempre più professionisti vengono a cercarci e avanzano delle proposte per il Festival. Il nostro lavoro di comitato editoriale è ininterrotto: non smettiamo mai di pensare a IF!, ci lavoriamo 365 giorni l’anno. La manifestazione sta crescendo, allargando sia il bacino del pubblico sia le possibilità di collaborazione: ormai abbiamo portato a bordo musicisti, attori, creativi, designer, registi e non solo, per cui anche gli stimoli sono aumentati e addirittura sempre più persone propongono progetti e idee designandoli come “contenuti da IF!”. Il fatto che la kermesse identifichi un tipo di contenuto è un ottimo segnale: significa che il Festival sta davvero trovando il suo posizionamento e il suo linguaggio.
Elisabetta Pasca