Il programmatic sarà la modalità di vendita prevalente della pubblicità nel prossimo futuro. Così dicono. Non tutti, ma quasi. E c’è da crederci. In effetti a guardar prospetticamente in avanti dal punto di osservazione odierno sembrerebbe proprio così. Però, l’esperienza mi ha insegnato che il passare del tempo a volte determina un cambio, non solo cronologico, nell’angolazione della prospettiva, e ciò che sembra vero oggi, domani non lo è più. Comunque, prendiamo per buona questa ottica, anche perché effettivamente il programmatic, o più propriamente l’automazione dei processi di vendita, avrà un impatto notevole nel modo dei media.
Il programmatic nasce nell’online advertising dove propone una modalità di acquisto della pubblicità basato, in estrema sintesi, sull’audience che voglio raggiungere e non più sul sito sul quale voglio farmi vedere. E quindi presuppone un’erogazione della pubblicità one to one, ovvero solo a quelle persone che ho definito essere la mia audience obiettivo, grazie a piattaforme digitali di gestione che incrociano il profilo dell’utente con quello del mio target. E questa modalità, che esalta l’utilizzo della mole di dati disponibili in rete, piace. Anche se ha generato qualche perplessità sulla reale generazione del contatto pubblicitario, piace. Piace agli editori che non perdono occasioni di profittabilità della loro inventory, e piace ai clienti perché consente loro di comunicare solo all’audience desiderata, evitando sprechi e contenendo i costi. E piace così tanto a tutti che si sta cercando di “esportare” tale modalità sugli altri mezzi pubblicitari: TV, radio e affissioni.
Non ci curiamo qui di cosa accade per gli altri mezzi, qui guardiamo solo agli effetti sull’OOH.
La prima considerazione è che abbiamo bisogno di una presa di corrente. Cioè, il processo di digitalizzazione dell’impiantistica è conditio sine qua non, ovviamente, per ogni discorso di automazione. Condizione necessaria ma non sufficiente. La seconda considerazione è infatti la necessità dell’implementazione di piattaforme evolute di gestione dei palinsesti degli impianti digitali, tali da permetterne effettivamente la connettività, l’interazione e la flessibilità di programmazione.
Ma anche con queste due premesse, non possiamo pensarlo come pura e semplice trasposizione del programmatic dell’online. Dobbiamo invece pensarlo, come dicevamo, come processo di automazione, differente da quanto accade nel web in quanto differenti sono le caratteristiche peculiari del mezzo OOH rispetto all’internet.
E come può essere fatto?
Innanzitutto non potrà essere un modello one to one, in quanto per sua natura l’OOH lavora di base su un modello one to many e quindi non sarà possibile erogare ed indirizzare la pubblicità ad un singolo individuo.
La soluzione che più si avvicina a questa modalità è quella che prevede l’erogazione continua della pubblicità, in maniera classica, ma venduta a contatti e non più a tempo di esposizione, contando cioè le persone a target che hanno generato una OTS. Ciò presuppone la presenza di telecamere che “leggano” le audience in transito davanti agli impianti e che siano in grado di identificare il target selezionato e di contarlo.
L’alternativa è l’erogazione a fronte del manifestarsi di fattori esterni, ad esempio il clima, il traffico o una particolare notizia. In questo caso la piattaforma di gestione, a cui sarà stato preventivamente chiesto di erogare quella specifica creatività solo all’avverarsi di uno specifico evento, una volta riscontrato l’accadere di tale presupposto manderà on air la pubblicità.
Cosa succede in Italia?
In esterna forti limitazioni ancora frenano l’installazione di schermi digitali all’aperto e quindi il nostro patrimonio roadside, cioè “per strada” è ancora prevalentemente statico. Diverso è invece il contesto indoor, ovvero in stazioni, metropolitane, aeroporti e centri commerciali, dove la presenza di digital out of home è possibile e in alcuni casi già ben sviluppata. Questo sarà l’ambito dove a breve vedremo più marcatamente l’evolversi dei concetti di automazione. Certo è che le concessionarie coinvolte nello sviluppo del DOOH devono progressivamente provvedere all’implementazione di sistemi adatti alla flessibilità di gestione richiesta dalle piattaforme di automazione. Qualcuno invero è già sulla buona strada e ha già sviluppato la propria offerta in tal senso. I clienti guardano con vivo interesse questo sviluppo e gli specialist OOH dovranno lavorare sullo sviluppo delle competenze necessarie al nuovo contesto.
Da questo punto di vista Rapport è già pronta: abbiamo messo insieme tutta l’expertise e il know-how del gruppo Mediabrands sul digital e sul programmatic, nonché l’importante esperienza in tal senso del network internazionale di Rapport, per guidare i nostri clienti attraverso questa nuova stimolante fase di evoluzione della pubblicità esterna.