Charlie è una balena. Grosso come una montagna, afflitto dai sensi di colpa, cerca di riappacificarsi con il mondo. Soprattutto con la figlia adolescente, abbandonata per un amore omossessuale. Con The Whale, Brendan Fraser, famoso nel mondo per aver partecipato ai blockbuster della Mummia, è tornato dopo un lungo oblio a calcare i set con un personaggio complesso, disperato ma nel contempo amabile. Per Fraser è stata una sfida che gli ha valsa la nomination come miglior attore protagonista ai prossimi Oscar del 12 Marzo.
“Il personaggio di Charlie è arrivato all’improvviso, in momento davvero complicato della mia carriera” confessa Fraser che per entrare nel corpo di un omone di 272 chili, nel film di Darren Aronofsky, ha davvero impegnato tutto se stesso. “Per interpretare questo uomo perduto, non sono solo ingrassato, ma ho dovuto capire il suo malessere e nel contempo anche la sua voglia di pietà” continua Fraser, sottolineando che Charlie è un personaggio sfaccettato: disperato, depresso e molto intristito da un amore perduto. Una sfida difficile, ma alla fine vinta. Adesso Fraser si gode il ritrovato successo ed è stato riscoperto da quella Hollywood che per un certo periodo gli aveva voltato le spalle.
Mr. Fraser, come ha imparato a muoversi, con quella prostetica nel piccolo appartamento di Charlie?
Il film prende spunto da un’opera teatrale di Samuel D. Hunter. Quindi dovevo immaginare di muovermi in uno spazio ristretto. Prima di salire sul set, Darren (Aronofsky, il regista) ha avuto l’intuizione di chiudermi in un teatro con la riproduzione esatta del set fatta con del nastro adesivo, che era l’appartamento di Charlie. Non potevo attraversare il nastro. Dovevo usare le entrate e uscite segnate per terra. Cosi ho imparato a mettere da parte tutte le normali le paure e le aspettative che Darren riponeva in me stesso. In questo modo ho imparato a fidarmi di chi stava lavorando con me in modo da poterlo fare insieme. Questo tipo di preparazione è stata molto stimolante per poter dare a Charlie quella autenticità che suo personaggio necessitava.
L’umanità e fragilità di Charlie è davvero commovente. Cosa si aspetta dal pubblico questo film?
La speranza che possano cambiare i preconcetti su coloro che convivono con l’obesità. C’è, purtroppo, un pregiudizio nei confronti di queste persone. La nostra società non li accetta, perché essi sono visti come “alieni”, incapaci di vivere in mezzo a noi. La mia speranza e che dopo la visione, il film sia stato capace di aprire il cuore e le menti del pubblico.
L’attore americano Brendan Fraser ha ritrovato il successo grazie ad un corpo enorme affamato d’amore. “Dopo un periodo di oblio, sono ingrassato a dismisura e ora corro per l’Oscar”
Come definirebbe Charlie?
Un uomo buono. Disperato per aver visto la sua vita disfarsi dopo un amore finito. Ha mangiato a dismisura per annullarsi. Un uomo disperato che sta provando l’abbandono, la depressione ed è alla ricerca di una redenzione, perché si sente responsabile di aver tradito le persone che amava. Soprattutto la figlia cha ha abbandonato, per vivere con il suo fidanzato. Il film è un immenso ritratto di certe zone d’ombra presenti in ogni essere umano. In generale della vita. Per questo il corpo che abita è la cosa meno importante per lui.
Come si è trasformato in Charlie?
Naturalmente sono ingrassato. Potevo espandermi anche di più, ma, per non mettere in pericolo la mia salute, abbiamo optato per una protesi di grasso. È stato davvero faticoso perché la dovevo indossare tutti i giorni. Ma vedendomi come ero conciato ho potuto entrate nel corpo e nella mente di questo uomo.
E cosa ha capito di lui?
La capacità di vedere il buono negli altri, anche quando questi non lo accettano. Questa peculiarità me lo ha fatto amare. Non nego che ho provato delle affinità con lui.
Quali?
È un grande ottimista. Deve prendere delle decisioni difficili e deve essere onesto con se stesso. Un po’ come è successo a me, che in questi ultimi anni mi sono sentito messo da parte. Così ho accettato questa sfida. E credo che da questa scelta ho potuto dimostrare a me stesso di avere vinto certi pregiudizi che stavano minando la mia carriera.
Adesso si può definire soddisfatto?
Si, naturalmente. Soprattutto perché adesso ho avuto una nomination all’Oscar.
Se lo aspettava?
Onestamente no. Però adesso sono davvero contento. Devo tutto a Darren Aronofsky e Samuel D. Hunter. Senza di loro non sarei qui a parlarne. La nomination, la reputo un dono che mi ha davvero cambiato la vita.
Roberto Leggio