Guido Surci, Chief Strategy & Innovation Officer di Havas Media Group Italia, è da poco il nuovo Presidente del Centro Studi ASSOCOM. Insieme ad un team di professionisti intende rendere il Centro Studi uno dei principali strumenti per orientare il dibattito sulla comunicazione e dare forma al futuro del comparto. Uomini & Donne della Comunicazione l’ha intervistato e ha discusso con lui di tematiche da affrontare, di investimenti e di nuove ripartenze.
Che impronta intende dare alle attività del Centro Studi Assocom? Quali sono i principali obiettivi che si è posto come presidente?
In sinergia con Marco Girelli e Marco Testa, abbiamo focalizzato l’attenzione sul bisogno di “fare associazione”, far sì quindi che Assocom diventi un player attivo nel settore della comunicazione: esprimere opinioni, prendere posizioni, dare delle indicazioni valide a tutti gli appartenenti all’associazione e fare in modo che anche i non associati capiscano il valore di far parte di una comunità che in questi anni sta cambiando profondamente pelle. Il 17 giugno si terrà il nostro convegno “Comunicare Domani”, che – non a caso – sarà improntato sui cambiamenti richiesti ai professionisti del settore: che siano agenzie o aziende poco importa, quel che è certo è che tutti oggi stanno subendo e generando un mondo che cambia. La comunicazione sta vivendo un momento importante, in cui la velocità dei fenomeni è tale che mese dopo mese si aggiungono pezzetti e si studiano soluzioni. Non è più solo un fattore di nuove tecnologie, è più una questione di approccio, di strategie: la comunicazione vede continuamente aprirsi nuove porte e tutte queste occasioni vanno capite, comprese e testate. Le nuove realtà impongono a tutti di sperimentare e progettare soluzioni innovative: chi è bravo acquisisce un vantaggio competitivo, chi non lo è rischia di restare indietro, di rimanere in una generazione precedente.
Si tratta evidentemente di un panorama in continua evoluzione, che necessita di una costante e attenta riflessione…
Assolutamente sì: riflessione e continua scoperta di nuove strade, perché effettivamente c’è solo l’imbarazzo della scelta. Dopo una pesante crisi, l’impressione è che il mercato stia per ripartire e sarà una ripartenza molto diversa dalle altre volte, proprio perché il ventaglio di scelte strategiche è ben più ampio. Ma è importante sottolineare che oggi non si tratta più di decidere cosa utilizzare, ma il punto centrale è il come: come strutturare i team interni, come investire in formazione e nuovi strumenti, come mettere in atto nuovi approcci. Sarà una ripartenza a nostra avviso interessante.
Quali sono le tematiche più urgenti che necessitano di particolare attenzione da parte del Centro Studi?
In Assocom abbiamo istituito molti tavoli tecnici: abbiamo ad esempio avviato un’attenta riflessione sulla nuova normativa sui cookies, così come abbiamo incentrato la nostra attenzione sulla codifica degli spot televisivi. Altro tavolo tecnico riguarda la viewability. Rispetto al tema gli Stati Uniti hanno già preso una loro strada, anche se non definitiva, e in Europa tutti si stanno interrogando sulla questione: anche noi in Italia stiamo cominciando ad avviare consultazioni in associazione e tra associazioni, così da capire come affrontare l’argomento. È impegnativo arrivare ad una visione condivisa sulla viewability, perché ci sono elementi contrastanti: sappiamo dove dobbiamo arrivare, ma ci vorrà un po’ di tempo per capire come farlo e come muoversi. Sono tutte tematiche molto tecniche, ma sono temi su cui bisogna lavorare perché potrebbero contribuire a migliorare il mercato.
Il compito di Assocom è rappresentare il mercato della comunicazione nella sua interezza, riunendo quindi piccole e medie realtà imprenditoriali e i grandi gruppi multinazionali. Come conciliare al meglio questi panorami?
L’associazione vuole rappresentare realtà legate a 3 diversi variabili: una è la dimensione, quindi rientrano sotto il cappello di Assocom grandi multinazionali e piccole agenzie; l’altra variabile è la specializzazione, perché riuniamo agenzie creative, agenzie media ma anche agenzie di PR; l’altro parametro da non sottovalutare è la localizzazione Milano-fuori Milano. L’associazione riunisce infatti anche tante agenzie non milanesi, ne abbiamo diverse che sono dislocate su tutto il territorio nazionale e tutte vanno rappresentate allo stesso modo. Anche di recente abbiamo organizzato un roadshow per portare il messaggio dell’associazione in varie città d’Italia, anche in quelle dove forse c’è un po’ meno di visibilità dell’industria della comunicazione. Assocom vuole e deve rappresentare tutti.
Le piccole agenzie dislocate sul territorio vi considerano effettivamente un punto di riferimento?
Direi di sì, così come dimostra l’aumento del numero degli associati. Soprattutto fuori Milano si avverte il bisogno di sentirsi parte di qualcosa di più grande. L’associazione fornisce servizi utili a tutte le agenzie del gruppo, ma che sono particolarmente preziosi soprattutto per le piccole realtà: se si fa parte di una multinazionale si è già strutturati internamente con network solidi, mentre se ci si ritrova al di fuori di questi circuiti si ha molto di più l’esigenza di affiancarsi ad un’associazione che è in grado di offrire servizi performanti: da database di informazioni a consulenze di carattere legale, ma anche più semplicemente consigli e risposte a domande di vario genere.
Verso quale direzione sta andando la comunicazione? Quanto crescono gli investimenti nel settore?
Si registrano di sicuro segnali positivi, che provengono prima di tutto dal contesto macroeconomico: i conti dell’economia italiana stanno migliorando e sta aumentando la fiducia dei consumatori, vero segnale di svolta. C’è un po’ più di ottimismo nelle famiglie e ciò determina una ripartenza dei mercati: basti vedere l’automotive o l’alimentare e in particolare quei prodotti a più alto contenuto di servizio, più cari rispetto agli altri e la cui crescita fa pensare che gli italiani stiano allentando la cintura e si riconcedano delle piccole comodità. Anche la comunicazione ci dà l’impressione che si stia muovendo verso il positivo, ma, come dicevo prima, è una ripartenza diversa perché è diverso il contesto in cui questa agisce. Se il budget di un’azienda viene potenziato, subiranno un incremento anche gli investimenti in comunicazione, ma non è detto che il 100% dell’aumento del budget venga riversato in mezzi paid, come accadeva un tempo. Oggi è più facile che l’aumento di investimento ricada solo parzialmente sui mezzi paid per permettere all’azienda di dotarsi magari di servizi di community management che permettano di gestire i social media aziendali in maniera più efficiente. Quella che stiamo vivendo è una ripresa in cui gli investimenti non si concentrano più sul canonico mondo della comunicazione pubblicitaria, o comunque non solo su quello: gli investimenti si spostano su mezzi di comunicazione owned, shared, earned, mezzi che richiedono un impegno economico, che vanno in competizione con, ad esempio, la televisione. Sarà una ripresa “multicolor”, caratterizzata da numerose sfaccettature.
Elisa Rodi