Gnammo, startup incubata presso l’I3P del Politecnico di Torino nasce nel 2012 per fornire una risposta convincente a un bisogno duplice: soddisfa infatti il desiderio di tutti i cuochi amatoriali, e dunque senza ristoranti di proprietà, che amano cucinare per gli altri e, allo stesso tempo, viene incontro a chi è interessato a sperimentare nuove forme di socialità e di incontro, in un ambiente protetto come una casa e intorno a un desco accogliente. Oggi i numeri di Gnammo raccontano in sintesi una storia di successo: +240.000 utenti iscritti, 8.380 cuochi, 20.365 eventi pubblicati, 2.373 città coinvolte. La piattaforma si basa su un sistema molto pratico: è sufficiente iscriversi come Cook, se si vuole mettersi ai fornelli, oppure come Gnammers, per diventare commensale, e inizia l’avventura. Abbiamo parlato con Cristiano Rigon, Presidente e CEO di Gnammo, per conoscere meglio questa importante nuova realtà di business e di gusto.
Come nasce il progetto di Gnammo e quali sono i valori che lo sostengono?
Gnammo nasce nel 2012 dall’idea suggerita durante una cena tra amici venuta fuori dalla solita battuta “Ma come cucini bene… Perché non apri un ristorante?” e dalla voglia di creare un canale di contatto tra gli amanti della buona tavola e quelli che amano cucinare e condividere. Appassionati di cucina – i cuochi di Gnammo – organizzano eventi culinari a casa propria o in differenti luoghi per nuovi amici che si siederanno a tavola con loro – gli Gnammer.
La vision di Gnammo è riportare la rete, e quindi il digitale, ad essere strumento per la creazione di legami e connessioni tra le persone nella vita reale.
Sempre di più i cuochi di Gnammo offrono la loro abilità ai fornelli per food Brand (e non) che hanno scoperto che la tavola è un ottimo modo per veicolare messaggi, prodotti e servizi: gli influencer hanno dimostrato di essere attivatori di community credibili, tanto da condizionare/guidare le decisioni di acquisto (secondo un’indagine l’82% dei consumatori si dice molto propenso a seguire una raccomandazione fatta da un influencer). Con un format unico, focalizzato su risultati di Marketing, Gnammo ottiene KPI superiori alla media nazionale.
Come funziona Gnammo?
Tramite Gnammo cuochi non professionisti possono organizzare e pubblicare sul sito eventi gastronomici privati organizzati in casa propria o in qualunque altra location abbiano a disposizione. Le figure protagoniste di Gnammo sono due: il Cook, colui che mette a disposizione le sue abilità ai fornelli e la sua casa a ospiti fino ad allora sconosciuti e gli Gnammer, ovvero gli ospiti, coloro che prenotano i posti a tavola perché hanno voglia di vivere l’esperienza del social eating. Ogni evento ha un valore economico, determinato dal Cook, che gli Gnammer pagano online al momento della prenotazione, importo che la piattaforma invia al Cook il giorno successivo all’evento, trattenendo in alcuni casi una Fee (6 %). Molte cene sono tuttavia gratuite offerte da Sponsor in quanto gli eventi di Gnammo possono essere un “potenziatore” delle campagne di Digital Marketing di un Brand con targetizzazione precisa degli utenti.
Il suo punto di forza?
Il punto di forza di Gnammo sta nelle persone che popolano la piattaforma. La community di foodies che si è creata attorno alla piattaforma non è consistente solo a livello numerico (più di 240.000 utenti iscritti), ma anche nella volontà di condividere la passione per la buona cucina con nuovi amici e la voglia di vivere l’esperienza di stare a tavola in un modo tutto nuovo. Anche le cene sponsorizzate sono una motivazione in più per la fidelizzazione dei cuochi, che mettono impegno e si sentono protagonisti nella co-creazione del contenuto.
Che differenze sussistono tra social eating e home restaurant?
Non esiste un vero distinguo, se non nella modalità della singola attività. Gnammo ha emanato un proprio codice etico, in assenza di una normativa specifica, dove definisce Social Eating l’attività con cui un Evento è organizzato in una Location che è una casa di civile abitazione o comunque privata a disposizione del cuoco, con carattere occasionale, senza strumenti professionali e senza organizzazione imprenditoriale. L’Home Restaurant è invece un ristorante che è una casa di civile abitazione nella quale si organizzano eventi abitualmente, con strumenti professionali o con organizzazione imprenditoriale. L’attività che viene normalmente svolta su Gnammo rientra nella prima categoria, ma nulla esclude che sulla piattaforma sia possibile anche pubblicare eventi nella forma dell’Home Restaurant: è l’organizzatore responsabile del proprio operato, anche se Gnammo in ogni caso copre l’attività di tutti i cuochi con un’assicurazione per la responsabilità civile e la somministrazione.
A prescindere dalla regolarità dell’attività, noi di Gnammo crediamo che la differenza tra le due definizioni sia nella loro connotazione: il social eating ha come obiettivo la socializzazione e la condivisione; per l’home restaurant l’aspetto economico e di continuità possono avere peso maggiore.
Che profilo hanno i Cook e gli Gnammer, gli utenti della piattaforma?
Gnammo conta più di 240.000 utenti residenti in tutta Italia, con una concentrazione maggiore in alcune grandi città (Milano, Roma, Torino, Firenze), che costituiscono una community formata al 97% da Gnammer e al 3% da Cook. La fascia d’età degli utenti Gnammo va dai 35 ai 55 anni: si tratta prevalentemente di persone appassionate di cucina, green living, viaggi, lifestyle. L’elemento socialità è una caratteristica degli utenti Gnammo e anche il driver che li ha incuriositi tanto da iscriversi alla piattaforma e organizzare e/o prenotare un evento di social eating.
Come agite per garantire la sicurezza all’interno del sistema?
Gnammo opera nella Sharing Economy, dove l’autoregolamentazione della community è fondamentale: attraverso il feedback e le verifiche degli account ogni cuoco può selezionare chi accettare ai propri eventi, così come ogni Gnammer può scegliere quali frequentare. Come già detto però la sicurezza dell’utente è importante e per questo la piattaforma attiva automaticamente un’assicurazione per ogni cuoco che realizza un evento. Per quanto riguarda i pagamenti, tutto transita dalla piattaforma Paypal al fine di garantire tracciabilità e sicurezza. Inoltre, nel caso in cui non fosse raggiunto il numero minimo di prenotazioni richiesto dal Cook o l’evento fosse annullato oppure se lo Gnammer volesse annullare la sua prenotazione entro 24 ore precedenti all’evento, l’intera cifra della prenotazione viene interamente rimborsata da Gnammo. Allo stesso modo Gnammo garantisce al cuoco la quota versata se la cancellazione non rispetta i termini.
Che storia raccontano i numeri della vostra startup?
Gnammo ha vissuto nei primi anni la notorietà della startup che ha inventato un nuovo modo di stare a tavola. I numeri sono sempre importanti. Oggi la soddisfazione maggiore la stanno dando le agenzie e i brand che hanno compreso il valore che la community può offrire loro. Il lavoro e gli investimenti fatti per costruire competenze e posizionamento, unitamente al grande numero di persone che ci segue ci hanno fatto diventare un canale che può porre l’esponente ad attività di marketing costruite dal basso, in modo naturale e spontaneo. Oggi abbiamo capito che anche l’accostamento a grandi eventi come la Milano Digital Week, per cui saremo presenti con una moltitudine di cene, o ancora più grandi – Gnammo sarà fornitore ufficiale di eventi per Matera 2019 – sono possibili grazie alla crescita che abbiamo costruito, sempre e comunque volta a fare della rete uno STRUMENTO e non il fine ultimo. Vogliamo essere protagonisti di una crescita felice. Come founder di Gnammo sono orgoglioso di essere stato inserito dal sociologo Francesco Morace tra gli ambasciatori della crescita del festival omonimo che ormai da anni percorre l’italia.
Istituzioni e Sharing Economy: il matrimonio si può fare?
Il 2015 ha visto nascere la discussione sul tema, e si era giunti nel 2017 ad emanare un testo di legge che con ancora pochi ritocchi avrebbe potuto superare anche la votazione in Senato, dopo l’approvazione della Camera. Tuttavia con la fine della legislazione il tema si è perso in questioni di altro livello. Come società che ha di fatto creato il mercato, cerchiamo di sollecitare comunque il legislatore a produrre un testo chiaro e semplice che possa aiutare la crescita del settore e togliere ai cuochi che si creano un micro reddito, la paura di essere fuori regola. Ad oggi posso dire che, da un punto di vista fiscale, oltre a non essere possibile alcuna evasione, il social eating si configura come “Lavoro Autonomo Occasionale”, il quale fino alla soglia massima di guadagno (differenza tra costi afferenti l’attività, documentati, ed incasso) di 5.000€ non prevede iscrizione INPS o partita iva, ma ha anzi una detrazione pari all’imposta, mentre da un punto di vista autorizzativo, anche la legge discussa non prevedeva un cambio di destinazione d’uso degli immobili, né la titolarità di attestati di partecipazione a corsi HACCP. Diversa fu nel 2015 la posizione del Mise in una risoluzione, che tuttavia non è legge. Confido che con la collaborazione sia possibile dare a questa tipologia di attività una normativa chiara e semplice, perché altro non può fare che migliorare la vita e creare benessere.
Elisabetta Pasca