Costruire una newsroom globale, investire sulla tecnologia per supportare la produzione editoriale multi piattaforma e puntare sul native advertising. Questi i tre punti fondamentali dai quali Arianna Huffington vuole partire per potenziare le attività del suo HuffPost su scala globale. E il 23 novembre, a Madrid durante l’Huffington Global Summit si sono incontrati i 75 direttori e i team business del suo network per discutere la road map per portare avanti questa espansione.
L’editore, che lo scorso maggio ha spento 10 candeline, al momento conta 15 edizioni internazionali in 10 lingue diverse ma, secondo quanto la stessa Huffington ha specificato in un post, l’obiettivo sarebbe quello di arrivare ad essere presenti in 50 Paesi.
Parlando con il sito Digiday.com, Arianna Huffington ha spiegato come intende realizzare questi ambiziosi progetti. Prima di tutto usare il network come un laboratorio per sperimentare nuovi approci. La Huffington ha paragonato il network creato con le diverse edizioni nazionali proprio a una serie di laboratori, ognuno con i propri punti di forza. “Non è la versione americana che comanda”, ha detto la Huffington, citando come esempi l’edizioni asiatiche, con quella coreana che realizza il 90% del traffico attraverso il mobile, o quella giapponese, dove il 72% del traffico viene dal mobile e ha costruito l’audience più alta fuori dagli Stati Uniti.
Il passo successivo è costruire una newsroom globale. Nelle ultime settimane, il sito dell’HuffingtonPost, è stato dominato dagli attacchi di Parigi. Sono stati più di 150 gli articoli scritti sul tema, tradotti e condivisi all’interno del network, insieme a dozzine di video. La Huffingtono cita come esempi l’articolo di Anne Sinclair, editor in chief dell’edizione francese, ‘Morning of war’, tradotto in 9 lingue e ripreso in tutte le edizioni, o il blogpost ‘We are all Parisians, Again’ di Howard Fineman, global editorial director, ripreso in 10 edizioni, inclusa quella francese. O ancora la serie dedicata alle madri dell’Isis, che dopo gli attacchi di Parigi, ha registrato 500mila visite, portando il numero totale di visualizzazioni a 1.1milione su 10 paesi, la metà delle quali provenienti dai social network.
“I recenti eventi di Parigi hanno mostrato il potere di una collaborazione in tempo reale tra tutte le nostre edizioni”, ha concluso la Huffington, facendo intendere come sia questo uno degli aspetti sui quali voglia puntare ulteriormente, cominciando ad esempio ad ampliare i team nei paesi in cui le elezioni sono imminenti o a investire sulle nuove tecnologie, dal sistema di content managment, alle app, passando per gli strumenti di analisi, per rendere più rapida la condivisione di contenuti tra le diverse edizioni e la capacità di traduzione. Tutti potenziamenti che diventano sempre più importanti in vista della separazione dall’Associated Press prevista per la fine dell’anno.
Sul lato business, una parte centrale riguarda il native advertising. Già, attraverso HuffPost Partner Studios, l’editore si è mosso in questa direzione, ma esistono piani per incrementare ulteriormente l’impegno. I brand vogliono associare il loro nome a campagne che fanno rumore, ha spiegato la Huffington. Soprattutto in un momento in cui la diffusione degli ad block sta creando problemi, per catturare le attenzioni degli utenti non bastano più i singoli banner.
L’Huffington Post, secondo quanto ha spiegato il sito, risulta essere particolarmente interessante per gli investitori grazie ai suoi diversi formati media e alle varie opportunità di sponsorship disponibili attorno ai suoi contenuti. Quello che servirà per il futuro è dimostrare di essere in grado di mantenere una certa uniformità in tutti i suoi prodotti editoriali, in alcuni casi gestiti da partner: “Vogliamo sapere che possiamo usare la stessa metodologia di acquisto in ogni mercato”, ha concluso la Huffington, “in modo da poter garantire la coerenza per gli inserzionisti globali”.