Dalla lunga esperienza internazionale di White Star nasce Vivida, nuovo marchio editoriale – il cui nome stesso riporta a concetti di forza vitale, luce ed energia – che mira ad inserirsi in un settore il cui interesse continua a crescere esponenzialmente di anno in anno: quello della spiritualità e della crescita personale. Una collana che affronta temi evergreen e di interesse comune e che vuole offrire risposte alle grandi domande di ognuno di noi sui misteri della vita e dell’esistenza, offrendo sapienza veicolata attraverso un approccio di qualità, competente e originale. Caratteristiche queste che, insieme alla presenza di autori qualificati e di rilievo, di illustrazioni e grafiche accattivanti e moderne e allo spirito pop che anima tutti i testi selezionati, distinguono Vivida e la rendono unica sul mercato di riferimento italiano. Tra le prime uscite della collana si trova, dal 26 ottobre in libreria e online, “HONJOK: Il metodo coreano per vivere felici con sé stessi”.
Esiste un modo per stare bene con sé stessi? L’Honjok, ovvero l’arte del vivere da soli, può fornire una risposta rivoluzionaria a questa domanda spingendoci a rivisitare il nostro concetto di felicità.
L’Honjok, ovvero l’arte del vivere da soli, può spingerci a rivisitare il nostro concetto di felicità ed essere visto come “un atto rivoluzionario che può insegnarci ad apprezzare i momenti di solitudine, e a trasformare l’auto-isolamento in un nuovo stile di vita”
Negli ultimi cinquant’anni la Corea del Sud ha subito cambiamenti sociali ed economici significativi. Molti giovani coreani, cresciuti in una società collettivista in cui il rispetto dell’autorità e la lealtà nei confronti delle gerarchie sono imprescindibili, hanno sviluppato il desiderio di rompere con questo sistema e, decidendo di trascorrere il tempo da soli, hanno trovato il modo per liberarsi dalle pressioni sociali. Ecco allora l’honjok: “un atto rivoluzionario che può insegnarci ad apprezzare i momenti di solitudine, e a trasformare l’auto-isolamento in un nuovo stile di vita”.
Intorno a questo atteggiamento solitario nei confronti della vita sono nate poi nuove parole come honbap, mangiare da soli; honsul, bere da soli; honnol, giocare e passare il tempo da soli; honhaeng, viaggiare da soli.
Questo libro racconta l’honjok in tutte le sue sfaccettature e descrive le pratiche e le attività concrete di questo stile di vita proponendo una serie di esercizi, infografiche e interessanti spunti di riflessione per trarre ispirazione dall’honjok anche nel mondo occidentale.
Il libro, caratterizzato da grafiche coloratissime dalle tonalità fluo e dalle cromie brillanti, tipiche dello stile pop e ormai tratto distintivo della collana Vivida, si suddivide in 4 capitoli nei quali le autrici, partendo dalle origini e fornendo un interessante glossario, affrontano temi centrali nella vita di ognuno di noi.
Gli affetti, la famiglia, la solitudine in primis. Essere honjok non significa essere immuni alla solitudine, ma semplicemente esservi esposti più regolarmente e imparare forse a gestirla in modo più consapevole. I conflitti dei giovani honjok – cioè di chi cerca di autodeterminarsi in una società collettivista per non soccombere ai ruoli assegnati per tradizione – sono particolarmente evidenti nell’aspetto femminile: “Vivere da sola, per una donna coreana, è un modo per mettere i propri bisogni e desideri individuali non tanto al di sopra degli affetti, quanto al di sopra del matrimonio come istituzione, che in Corea rappresenta la tradizionale lealtà alla gerarchia e all’autorità.” spiega Silvia Lazzaris.
Il cibo, o meglio l’honbap: i pasti solitari, a cui è dedicato un intero capitolo. Per la maggior parte dei paesi il social eating è la norma; nella cultura coreana il cibo è il centro intorno a cui ruota tutto il resto, mangiare è un’attività sociale fondamentale e i pasti non sono solo un mezzo per rinsaldare legami, ma anche per definire i ruoli sociali. Proprio la tavola è diventata dunque un altro dei terreni su cui si gioca lo scontro generazionale e sociale degli honjok: per gli honbap infatti mangiare da soli significa liberarsi dalla rigidità delle regole tradizionali e dalle disuguaglianze sociali che rappresentano. Da qui un nuovo modo di relazionarsi con il cibo che apre un dibattito mondiale (intensificatosi di pari passo con le app di consegna del cibo, i canali streaming e i fast food che hanno reso mangiare da soli sempre più conveniente e tollerabile, rendendo l’honbap un fenomeno tutt’altro che isolato ma anzi una tendenza globale) intorno al quale il mondo è polarizzato. Per gli honbap il cibo diviene dunque prettamente funzionale, mentre imparano a godersi un pasto da soli senza tristezza o vergogna. Osservare il modo in cui la Corea tenterà di far sposare il nuovo stile di vita honbap con la sua antichissima tradizione culinaria potrebbe essere un riferimento per altri paesi che si trovano a fronteggiare lo stesso tipo di crisi generazionale.
Il ruolo delle nuove tecnologie, senza le quali l’honjok non sarebbe possibile, che hanno trasformato l’isolamento fisico in una comunità virtuale, rendendo l’invisibilità e il silenzio degli esclusi una voce sempre più forte e rumorosa.
L’economia del singolo. Le persone che vivono da sole hanno una caratteristica: tendono a spendere molto di più per se stesse. I business lo hanno capito e hanno iniziato a investire sulla hon-conomy: i negozi alimentari fanno promozioni speciali sui prodotti da una porzione; nello shopping online l’honjok è elencato come una categoria autonoma dove si possono trovare mobili multiuso, stoviglie per una sola persona e via dicendo.
Molti sono ancora gli spunti interessanti che possiamo trovare in questo volume, non ultimo il concetto di sostenibilità: diversi blog honjok per esempio parlano della necessità di identificare ciò che è davvero necessario e lasciar andare tutto il resto. Vivere come gli honjok significa anche essere più frugali e riflettere sui bisogni reali, nostri e del pianeta.
E infine il significato che viene dato alle attività di svago. Il tempo honnol è un tempo intenzionale, in cui non ci lasciamo influenzare dal mondo esterno e che possiamo dedicare alle nostre passioni lontano dal giudizio altrui. È il vero “tempo libero” nel quale possiamo esplorare noi stessi e capire le nostre vere identità.
E ora, dunque, che conclusioni trarre dalla lettura di questo libro? Come ci sentiamo dopo esserci addentrati in una cultura così profondamente diversa dalla nostra? Che riflessioni facciamo?
L’honjok è sicuramente un fenomeno che suscita nel lettore curiosità ma anche ambivalenze.
Le autrici hanno il merito, in questo particolare momento storico in cui il mondo intero è stato sottoposto a un isolamento forzato a causa della pandemia e in cui il tema della solitudine è particolarmente attuale, di aver esaminato con intuito vivace e tramite studi approfonditi e rigorosi un fenomeno “ancora pieno di contraddizioni, sospeso tra liberazione e alienazione, euforia e dolore, rivoluzione e inerzia”. Il “metodo” sudcoreano per vivere felici con se stessi di cui parlano le autrici dunque può essere visto come un tentativo di trarre da questo movimento ispirazioni utili anche per la nostra quotidianità nella società occidentale.
Dai praticanti honjok possiamo imparare a guardare la solitudine da un’altra prospettiva e imparare ad apprezzarla.