Negli Stati Uniti la chiamano Great Resignation (Grandi dimissioni), o Big Quit, un fenomeno che ancora non è ben chiaro se sia la coda lunga della crisi causata dal Covid-19 o una nuova tendenza economica e un nuovo mercato lavorativo, che interessa quei dipendenti e liberi professionisti che, vittime del burnout, decidono di dare una svolta alla propria vita professionale e personale.
Grandi dimissioni in Italia: incremento oltre l’80% tra 2020 e 2021
In Italia, secondo le cifre del Ministero del Lavoro[1] riferite al secondo trimestre del 2021, si registra una notevole crescita nel numero di dimissioni dei dipendenti, a seguito di un periodo, quello tra gennaio e marzo 2021, in linea con gli anni precedenti. Tra aprile e giugno 2021, invece, si registrano quasi 500.000 dimissioni (290.000 uomini e 190.000 donne), con un aumento del 37% rispetto ai tre mesi prima. Se si confronta invece il medesimo trimestre del 2020, l’incremento è dell’85%. Da un punto di vista prettamente economico, questo trend potrebbe indicare un mercato in salute, in cui il Covid-19 ha svolto il ruolo del detonatore, aprendo le danze a un proficuo rimescolamento dei ruoli e delle risorse.
Grandi dimissioni: Claudia Barberis, consulente di personal branding e stratega della comunicazione, suggerisce una serie di aspetti e skills su cui puntare in caso di cambio di carriera o svolta lavorativa
“Queste grandi dimissioni sono un fenomeno sistemico che è esploso oggi ma era in preparazione già da diversi anni: il mondo del lavoro per come è stato tradizionalmente inteso e organizzato non risponde più alle necessità e ai desideri dei lavoratori attuali, soprattutto i più giovani. Fino a qualche anno fa si decideva di cedere sulla soddisfazione personale a favore della sicurezza: ora che anche quest’ultima non è più garantita, vale davvero la pena non provare a realizzarsi?”, commenta Claudia Barberis, consulente di personal branding.
In un contesto di generale rivalutazione delle priorità, come il tempo libero, la salute e gli affetti, che ha portato Millennials e Gen Z[2] a scegliere di lasciare persino il tanto ambito posto fisso, non vanno trascurate le strategie e le skills che ciascuno deve mettere in atto quando decide di rimettersi sul mercato, cambiando azienda o ruolo o passando dal lavoro dipendente a quello da libero professionista.
Il ruolo del personal branding nel contesto delle grandi dimissioni
Claudia Barberis (nella foto), che di mestiere è consulente di personal branding e stratega della comunicazione, ha stilato una serie di suggerimenti per sapersi raccontare in maniera efficace ma sincera, stabilendo con il prossimo una connessione e conquistandone la fiducia.
Partire dai propri valori
Quando si vuole cambiare direzione, spesso sappiamo con chiarezza cosa non ci va più bene ma non sappiamo quale strada prendere. In questo senso, un esercizio molto utile è quello di prendere un’ora per sé e scrivere su un foglio per prima cosa i propri valori: cosa è davvero importante per noi, su cosa non si transige, a cosa non si rinuncerebbe mai (più): queste sono le fondamenta per non ritrovarsi di nuovo in una situazione di profondo malessere e infelicità. Fatto questo, si passa a scrivere in cosa si è davvero bravi e cosa piace fare. Poi si pensi a tutti i lavori che includono queste tre cose e si scrivano tutti, senza scegliere quale sembri verosimile e quale no: qui bisogna aprire la mente e cercare idee a cui magari non si era mai pensato prima. Un foglio di questo tipo è una base eccellente su cui riflettere per decidere su cosa valga la pena concentrarsi e quali risorse servano per renderlo fattibile.
Raccontare la propria storia senza nascondere le difficoltà
Il curriculum e la competenza sono necessari ma non bastano, soprattutto se si inizia un’attività propria: per creare connessione e attrarre potenziali datori di lavoro o clienti serve mostrare umanità, avere quel mix giusto di unicità e di capacità di entrare in sintonia con una visione altrui.
Sapersi raccontare con autenticità, al di là dei ruoli ricoperti, aiuta anche a trasmettere il senso profondo di questo cambio di vita e ad essere più credibili e convincenti. Troppo spesso vedo professionisti che cercano di creare un’aura di finta perfezione che però crolla al primo errore. Molto meglio saper parlare apertamente di sé, di cosa ha portato qui, dei passaggi migliori ma anche dei dubbi e passi falsi che ci hanno reso chi siamo, anche perché in questo modo è molto più facile ritrovarsi in un ambiente in cui si sta bene anche umanamente.
Studiare i social
Siamo nel 2022 e ancora sento gente (anche giovane) che tratta i social come una perdita di tempo o un gioco. Certo che lo sono, se si passano ore a scorrerli e a farsi trascinare in qualsiasi polemica, ma sono strumenti straordinari se li si usa per ricercare opportunità, informarsi sulle aziende e i mercati che interessano, creare contatti e farsi conoscere come professionista.
La prima cosa da fare è creare o aggiornare il profilo Linkedin: è lì che i recruiter fanno la prima scrematura, è sempre uno dei primi risultati che compaiono se uno cerca un nome e cognome online e rende il proprio CV pubblico e verificabile. Consiglio di non limitarsi a inserire curriculum e foto recente, ma anche articoli o riflessioni sul proprio lavoro o settore che possono far trasparire la preparazione di ciascuno.
Un altro ottimo modo per creare contatti è utilizzare i gruppi legati alla propria professione, sia su LinkedIn che su Facebook: iscriversi e contribuire in modo significativo alla conversazione con consigli è utile per farsi notare da aziende e clienti dello stesso settore. Se invece si svolge un lavoro visivo o si è capaci di parlare in video, valuterei Instagram e Youtube, che sono però canali che richiedono molta più presenza e frequenza per funzionare, quindi conviene valutarli con autocoscienza. In tutti questi casi è come avere un proprio canale radio o tv dedicato, molto più seguito, in cui ci si racconta alle proprie condizioni: non si può non saperli usare.
“Il mondo è cambiato: il 2021 è stato il primo anno in cui nel mondo le ricerche di “come avviare un’attività” hanno superato quelle di “come trovare un lavoro”. È un vero e proprio capovolgimento di paradigma” – conclude Claudia Barberis – “Con la pandemia la gente ha cominciato a non accettare più una serie di condizioni a cui prima sottostava pensando di non avere altra scelta: oggi questa nuova scelta esiste e per tanti l’opzione migliore è ricominciare da capo”.
[1] Fonte: Ministero del Lavoro: https://www.lavoro.gov.it/priorita/Pagine/Comunicazioni-Obbligatorie-pubblicata-la-Nota-relativa-al-II-trimestre-2021.aspx
[2] Secondo una ricerca Ypulse (https://www.ypulse.com/) il 20% dei Millenials nell’Europa Occidentale ha lasciato il proprio lavoro nel 2021.