In questi ultimi giorni, le bacheche dei social sono invase da foto degli utenti in versione invecchiata: dal semplice cittadino fino a Vip, come i coniugi Ferragnez, e politici, nessuno sembra aver saputo resistere al fascino di FaceApp, l’applicazione per applicare filtri ed effetti ai propri selfie, ritornata in auge dopo l’ottimo debutto di un paio di anni fa.
Oltre ottanta milioni di utenti in tutto il mondo hanno già scaricato l’app, condividendo la scansione del proprio volto, e magari anche il volto di amici e parenti che non li avevano autorizzati a farlo. Questa nuova ondata di successo di FaceApp, infatti, ha portato con sé nuove preoccupazioni relative alla privacy degli utenti, legate al funzionamento dell’applicazione, con regole vaghe e poche chiare sulla gestione delle immagini e al fatto che questa sia sviluppata e gestita in Russia.
Oltre i rischi di FaceApp, esiste la biometria che protegge la privacy
“L’impronta facciale, e allo stesso modo l’impronta vocale, sono dati biometrici, ovvero rappresentazioni matematiche del viso o della voce di una persona e di per sé non contengono informazioni confidenziali o personali. – ha dichiarato Piergiorgio Vittori, country manager di Spitch, azienda internazionale specializzata nello sviluppo e implementazione di soluzioni di tecnologia vocale. “Diventano informazioni da proteggere solo quando sono collegabili al legittimo proprietario: la maggior parte delle persone, a oltre un anno dall’entrata in vigore del GDPR, non sembra però rendersi conto che i dati biometrici siano dati potenzialmente sensibili, e li condivide senza darci troppo peso”.
Continua Vittori: “Se i rischi legati al condividere dati con terze parti non affidabili sono concreti, d’altro canto, la biometria, se implementata correttamente, con il supporto della giusta tecnologia e la massima attenzione alla protezione dei dati personali, apre ampie possibilità in termini di sicurezza. Partendo da una premessa: non tutte le biometrie sono uguali. Nel caso di utilizzo della biometria come metodo di autenticazione, ad esempio, va sottolineato un vantaggio fondamentale delle tecnologie vocali: nessuna informazione viene memorizzata o conservata sui dispositivi mobili – a differenza quel che accade in altre forme di autenticazione biometrica, come appunto quella facciale, che richiedono di scattare una foto o effettuare una registrazione”.
“Con le soluzioni Spitch, – conclude Vittori – particolarmente apprezzate in tutti i settori che prevedono il trattamento di dati sensibili, il processo di autenticazione vocale avviene infatti in diretta con tutte le informazioni gestite in un server sicuro. Nel caso in cui qualsiasi informazione personale debba essere identificata e cancellata, lo si può fare semplicemente cancellando le informazioni, poiché nulla viene salvato / conservato sui dispositivi personali durante l’intero processo. Le principali tecnologie vocali, in sostanza, consentiranno alle aziende di identificare, comprendere e servire meglio i propri clienti. Con il passare del tempo, grazie all’intelligenza artificiale, consentiranno di migliorare l’esperienza del cliente e di ridurre i costi, tenendo a bada hacker e burloni”.
Dunque, il ritorno alla ribalta di FaceApp ha portato con sé sicuramente un’ondata di divertimento virale, lasciando però sul tappeto anche una grossa quantità di ansia circa il tema della privacy. Il lato positivo è aver riacceso un focus sulla gestione dei dati sensibili, spingendo gli utenti a prestare maggiore attenzione e i brand a impegnarsi sempre di più, per garantire al massimo la sicurezza rispetto all’utilizzo dei loro servizi.