In Italia, 1 giovane su 3 non è in grado di comprendere correttamente se un’informazione online è veramente affidabile: evidenze preoccupanti, queste, emerse dal report “Disinformazione a Scuola” realizzato da un team di ricerca guidato dal Professor Carlo Martini dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e presentato oggi in occasione del 20° anniversario di Havas PR, società di consulenza in comunicazione parte di Havas Group.
Nell’ambito della presentazione del report, commentato da professionisti ed esperti del mondo della comunicazione, dei media, dell’associazionismo e delle istituzioni, è stata annunciata la nascita dell’“Osservatorio permanente sulla Disinformazione Digitale” dell’Università Vita-Salute San Raffaele, con il sostegno di Havas PR che coinvolgerà anche gli studenti delle scuole superiori italiane. Per supportare il progetto è stata lanciata una call to action dedicata alle imprese finalizzata alla realizzazione di progettualità di contrasto ai fenomeni generativi delle fake news e percorsi di formazione per dotare i giovani delle giuste competenze e abilità per comprendere il livello di affidabilità delle informazioni online.
Presentato lo studio “Disinformazione a scuola” realizzato dal team del professor Carlo Martini dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in occasione di un evento di celebrazione del 20° anniversario di Havas PR
«In occasione del traguardo dei primi 20 anni di Havas PR, quali consulenti che dialogano quotidianamente con il mondo dell’impresa, dei media, delle istituzioni e degli stakeholders dell’impresa, sentiamo il bisogno di dare un contributo fattivo nell’evitare che fenomeni come la sovrabbondanza dei messaggi o la veicolazione di informazioni inaccurate possano alimentare il circolo vizioso delle fake-news e generare impatti negativi sulle nuove generazioni» ha dichiarato Caterina Tonini, CEO di Havas Creative Network Italy e CO-Founder & CEO di Havas PR. «L’uso irresponsabile o distorto del digitale e dell’intelligenza artificiale oggi pongono grandi minacce specie per i più giovani, profondamente connessi nelle piattaforme digitali e nei social media. Per le imprese emerge un nuovo ruolo: diventare guardiani non solo dei propri valori e della qualità della comunicazione che accompagna le loro azioni, ma anche del contesto informativo in cui si inseriscono, che deve contribuire a creare un contesto d’informazione inclusivo e responsabile, specie per un segmento così importante per il futuro del nostro Paese».
«Lo studio e la lotta alla disinformazione devono necessariamente passare attraverso la collaborazione di tutte le parti sociali, e le aziende sono una componente essenziale di questo processo» commenta il Professor Carlo Martini dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Ci troviamo in un mondo in cui informazione e disinformazione coesistono e spesso sono assolutamente indistinguibili l’una dall’altra agli occhi delle persone non esperte. Questo crea confusione e spesso danneggia anche la reputazione di chi cerca di fare informazione affidabile. Partire dai giovani per creare una popolazione resiliente alla disinformazione è uno degli scopi principali del progetto di un osservatorio permanente sulla disinformazione digitale, che usa i metodi rigorosi delle scienze comportamentali e sperimentali per studiare l’efficacia di interventi atti ad aumentare la capacità critica digitale. Vorremmo una popolazione di persone in grado di esercitare le loro capacità critiche in un ambiente informativo notoriamente difficile come quello del web e per fare ciò è essenziale la collaborazione tra tutti gli stakeholders».
Nel 2025, infatti, l’Osservatorio permanente sulla Disinformazione Digitale vedrà la realizzazione di un percorso di formazione guidato dall’Università Vita-Salute San Raffaele nelle classi italiane con la partecipazione dei professionisti di Havas PR, che avrà l’obiettivo di diffondere educazione e prevenzione in materia di disinformazione, oltre che di fornire alle nuove generazioni strumenti concreti per affrontare con consapevolezza i rischi ad essa associati.
Rischi ben individuati da una prima analisi dell’Università Vita-Salute San Raffaele su un campione di oltre 2.200 studenti di 18 scuole superiori di Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, condotta con l’obiettivo di comprendere la capacità dei giovani di distinguere l’informazione di qualità che ha visto la proposta di 3 diversi interventi basati sulla creazione di un ecosistema digitale utile ad analizzare le reazioni delle persone di fronte a contenuti informativi e disinformativi online, oltre all’impatto dei fattori esterni e del pensiero critico nel processo decisionale.
Nella valutazione del rapporto tra disinformazione, fake news e scienza, emerge da un lato un’alta fiducia verso scienziati e scienziate ma dall’altro la complessità nel riconoscere le notizie affidabili e distinguerle da quelle prive di sostanza scientifica. A questi fattori si assomma il cosiddetto “scetticismo generalizzato[1]” che caratterizza, con frequenza sempre più elevata, il contesto digitale informativo, ritenuto nella maggioranza dei casi “inquinato”.
«La fiducia nella scienza è cruciale per il nostro futuro, ma serve prestare la massima attenzione, preservandola. La disinformazione scientifica sfrutta il “marchio” della scienza per dare credibilità a informazioni non supportate da prove, spesso per scopi di lucro o ideologici, minando la fiducia delle persone, a volte anche in maniera irreparabile. La recente esperienza del Covid ci ha chiaramente insegnato che serve il contributo da parte di tutti per contrastare il fenomeno dilagante delle fake-news» ha commentato Corrado Tomassini, Vicepresidente Havas PR.
I dati mostrano come i giovani siano carenti nella corretta identificazione di notizie affidabili (32,8% per il tema ambiente e 36,9% per il tema salute). Allo stesso modo, hanno evidenziato difficoltà nell’individuare notizie non affidabili (41,3% per il tema ambiente e 35,2% per il tema salute).
In senso generale l’impegno dimostrato nella valutazione di informazioni da smartphone è inferiore rispetto a quello mostrato davanti ad un computer, aspetto questo molto preoccupante in quanto i giovani coinvolti stimano di trascorrere quotidianamente davanti allo schermo del telefono cellulare circa 5 ore e 50 minuti.
[1] Altay S. De Angelis A. & Hoes E. (2023) Beyond Skepticism: Framing Media Literacy Tipcs to Promote Reliable Information. PsyArXiv; DOI: 10.31234/osf.io/5ggckb