Qualche anno fa si basavano principalmente sulla parola scritta, poi sulle immagini… e oggi sulla voce? Stiamo parlando, ovviamente, dei social media e della loro evoluzione, che da qualche settimana sembra segnata dall’ingresso rivoluzionario nel panorama digitale di Clubhouse, la nuova rete sociale in cui le interazioni avvengono appunto tramite il solo utilizzo della voce.
Clubhouse, oggi impazza il social media della voce: adesso preferiamo parlare (anziché digitare)?
L’azienda dichiara di consentire “alle persone di tutto il mondo di parlare, raccontare storie, sviluppare idee, approfondire amicizie e incontrare nuove persone interessanti”. In pratica, dopo l’iscrizione, esclusivamente su invito, gli utenti possono entrare e uscire dalle diverse “room”, ovvero chat dedicate ai più svariati argomenti, intervenendo liberamente o limitandosi ad ascoltare: in sostanza, un ambiente globale di discussione basato su un insieme di podcast interattivi (e non memorizzabili).
L’iniziale successo che Clubhouse sta registrando conferma in realtà la tendenza che Spitch, azienda svizzera con presenza globale e fornitore leader di soluzioni di communication automation, rileva già da qualche anno: il consumatore quando può scegliere tra parlare a un dispositivo e digitare su una tastiera, opta sempre più spesso per la prima opzione. Pensiamo, ad esempio, alla costante crescita dell’utilizzo degli assistenti vocali, delle funzioni di ricerca vocale e degli stessi voicebot basati sull’Intelligenza Artificiale. Con l’arrivo di Clubhouse, l’interazione vocale non è più solo nel dialogo uomo / macchina, ma diventa un vero e proprio palcoscenico per la condivisione di esperienze e opinioni.
“Clubhouse risponde sicuramente alla naturale esigenza, sempre più diffusa e sentita, anche a livello di social media, di riportare l’interazione al suo medium naturale e informale: la voce. L’originalità di questo mezzo ci dimostra che si stanno avvicinando i tempi in cui smetteremo di passare buona parte della giornata con lo sguardo basso, a scrollare e digitare su uno schermo. Dal punto di vista business, è una richiesta che registriamo sempre più spesso in diversi settori, dal customer service, alla sanità, passando per il finance e il retail: la declinazione nell’intrattenimento dimostra quanto sia efficace parlare per coinvolgere e convincere” commenta Rosa Maria Molteni, Marketing & Communication Manager di Spitch.
Mentre il nuovo social network raccoglie sempre più utenti per nella versione Beta, non mancano però le polemiche. Anche se queste conversazioni non sono memorizzabili, l’impronta vocale è infatti un dato biometrico sensibile, specialmente quando associata ad altri dati personali. Soprattutto, come già successo per FaceApp, il rischio diviene concreto quando non è ben chiaro se, come, dove e da chi le informazioni condivise vengono conservate. Secondo lo Stanford Internet Observatory, Clubhouse deve affinare la propria policy sulla questione privacy, in quanto la maggior parte del flusso di dati si poggia su una società terza cinese con sede a Shangai chiamata Agora, e rassicurare il mercato sull’utilizzo di una crittografia all’avanguardia. L’utilizzo di tecnologie di protezione dati obsolete o insufficienti, che consentirebbe di intercettare, registrare, conservare o trascrivere tutto quello che accade nelle room, va infatti non solo contro la legge, ma contro lo spirito stesso del social.
“Dal nostro punto di vista aziendale, operiamo sempre in modo da scongiurare i rischi collegati alla non protezione e utilizzo errato dei dati utenti” sottolinea Molteni. “La biometria vocale e i bot basati sulle interazioni cliente/contact centre, quando progettati con il supporto della giusta tecnologia e la massima attenzione alla protezione dei dati personali, aprono ampie possibilità in termini di customer experience e sicurezza. Con le soluzioni Spitch, da sempre apprezzate in tutti i settori che prevedono il trattamento di dati sensibili, il processo di autenticazione vocale avviene con tutte le informazioni gestite in un server sicuro, e lo stesso vale per l’interpretazione del parlato”.