In questi giorni, il Parlamento Europeo ha votato l’approvazione dell’AI Act, mentre il governo italiano ha annunciato nuovi finanziamenti e provvedimenti a sostegno dell’intelligenza artificiale. Sul piatto insomma c’è un cambiamento radicale tanto imminente quanto inevitabile. In questo scenario, occorre chiedersi ora più che mai in che modo stanno procedendo le imprese e come l’AI può essere in grado di sostenerle nella creazione di una narrazione efficace e autentica del proprio brand. A queste e altre domande abbiamo provato a dare risposte insieme a Marco Bardazzi, ex penna di Ansa e La Stampa e scrittore, Co-Founder di BEA, media company specializzata nella narrazione strategica d’impresa.
Recentemente il Parlamento Europeo ha approvato l’AI Act e il governo italiano ha comunicato una serie di nuove iniziative e finanziamenti in favore dell’AI: partendo da queste premesse, cosa possiamo aspettarci per gli anni a venire?
L’intelligenza artificiale generativa è con ogni evidenza la protagonista della terza fase della rivoluzione digitale che stiamo vivendo da tre decenni: la prima fase è stata caratterizzata dal decollo di internet, la seconda dai network e dalle comunità, creati grazie ai social media e alla diffusione degli smartphone; adesso l’AI ci porterà oltre, costruendo percorsi sulla base di quello che è avvenuto nei 30 anni passati.
Quello che è interessante notare è il diverso approccio che governi, aziende e istituzioni stanno avendo nei confronti di questa terza ondata tecnologica. Le prime due sono state caratterizzate da una sostanziale assenza di regole, una libertà di innovare senza controlli, fino al momento in cui qualcosa è andato storto ed è subentrata la necessità di intervento degli organismi di regolamentazione (privacy, gestione dei dati, antitrust). Stavolta, invece, accade qualcosa di diverso, come dimostra la velocità con cui si sono mossi il Parlamento Europeo con l’AI Act e prima ancora la Casa Bianca e il Congresso Usa con le prime “Carte” da rispettare: le regole ora ci sono, prima ancora che la tecnologia esprima tutto il proprio potenziale e nei prossimi anni questo dovrebbe portare a una crescita esponenziale dell’AI generativa, ma in una cornice – si spera – più ordinata che in passato.
AI Act: l’intervista a Marco Bardazzi, ex penna di Ansa e La Stampa e scrittore, Co-Founder di BEA, media company specializzata nella narrazione strategica d’impresa
Che tipo di approccio stanno adottando le imprese in merito all’adozione dell’AI, sia in Italia che all’estero?
In poco più di un anno, l’AI è passata dall’essere un tema per nerd e nicchie di addetti ai lavori, a diventare il concetto sulla bocca di tutti. Le imprese stanno esplorando il potenziale che l’AI può portare, in termine di creazione di valore, innovazione e anche comunicazione, che è il campo in cui ci muoviamo noi come Bea. È interessante discutere con i nostri partner e clienti di ciò che potremo fare con l’AI: si aprono prospettive importanti, che devono però sempre avere al centro un approccio alla comunicazione fatto di autenticità, creatività e coerenza con l’identità aziendale.
L’innovazione porta con sé importanti rivoluzioni: come si modifica la narrazione d’impresa con l’avvento e il consolidamento della tecnologia dell’intelligenza artificiale?
Se la narrazione d’impresa fosse un aereo, a noi piace pensare all’AI generativa come al secondo pilota: è una garanzia, un supporto, rappresenta l’opportunità di affidare le parti più di routine del lavoro a un software affidabile, per lasciarci le mani libere e dedicarci alla creatività. L’AI ci aiuterà ad avere più idee e a valutare più scenari. Poi l’aereo però è giusto che lo continui a comandare il pilota principale.
Quali sono i principali rischi connessi alla diffusione dell’intelligenza artificiale, sia nel campo della comunicazione e dell’informazione, sia per quanto riguarda brand e imprese?
Il rischio maggiore è quello di perdere credibilità. Le ricerche internazionali, come il Trust Barometer di Edelman, ci dicono che in questa fase storica c’è ancora più che in passato un altissimo livello di fiducia nel business da parte dei vari stakeholder, ci si fida di più delle imprese che non dei governi, dei media o delle Ong. Ma questo trust va mantenuto, è una responsabilità. Un rischio dell’AI è quello di cadere nella tentazione di provare a raccontarsi utilizzando solo le potenzialità della tecnologia, lasciando fuori la creatività e l’autenticità che contraddistinguono un racconto e che sono un segno distintivo umano imprescindibile. La narrazione strategica d’impresa e la reputazione a cui è collegata, sono territori delicati in cui è necessario muoversi con cautela, poiché ci vuole un duro lavoro a costruire l’identità di un brand e la sua credibilità agli occhi dei consumatori: al contrario, basta un’immagine creata con AI, diffusa e spacciata per vera, per defraudare un’azienda dei suoi valori identitari e trovarsi in un grosso guaio reputazionale.
Quali sono i progetti di punta di BEA, media company specializzata nella narrazione strategica d’impresa, nel prossimo futuro?
Siamo nati tre anni fa con la vocazione di aiutare le aziende a navigare il cambiamento con il potere delle storie, supportando le organizzazioni a raccontarsi con gli strumenti delle media company internazionali. Continueremo a crescere proponendoci come la casa della narrazione strategica d’impresa, grazie a un team con competenze trasversali che unisce le tecniche giornalistiche alla capacità di parlare fluentemente i “linguaggi” delle varie piattaforme digitali. Un approccio che in questi anni ha portato le quindici persone della nostra squadra e il vasto network dei collaboratori a realizzare progetti editoriali e di narrazione strategica per grandi gruppi e realtà piccole e medie del panorama imprenditoriale italiano e internazionale. Tra le altre, mi piace citare A2A, Terna, Webuild, Key2people, STMicroelectronics, Sella, Intesa Sanpaolo e il Gruppo Teddy. E ricordo le nostre partnership strategiche con Dalk, I Mille e Chora Media.
Adesso siamo entrati nel quarto anno di vita innovando i nostri strumenti narrativi: abbiamo un nuovo sito, una nuova identity, un magazine giornalistico, “Cipolla”, che racconta l’evoluzione del mondo della comunicazione e una newsletter, “Slice”, che raggiungerà tutta la nostra community.
Vogliamo continuare a crescere anche sperimentando le nuove opportunità offerte dall’AI, approfondendo così la nostra vocazione a esplorare nuovi territori della comunicazione. È un approccio che ha permesso in questi tre anni una continua crescita della squadra e del fatturato, che dopo i circa 2 milioni di euro del 2023 punta a superare abbondantemente quella soglia nel 2024.
Elisabetta Pasca