“Non è una notiziaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!”, ovvero come ti racconto un ufficio stampa
Tragicommedia in dieci atti, con prologo, epilogo e una rassegna stampa
Come sopravvivere ad un ufficio stampa senza venire risucchiati dalle nostre stesse emozioni
Non meno di tre mesi fa una collega disperata mi chiese di bere un caffè insieme per un consiglio. Era talmente agitata che quando arrivò e appoggiò tutti i report stampati dell’attività sul tavolo, non si accorse che erano in equilibrio precario e così dopo neppure un minuto, caddero e si sparpagliarono sul pavimento. Nell’intento di raccoglierli urtò il tavolo e fece rovesciare una delle due tazzine di caffè.
“Calmati” le dissi. “Spiegami il problema e vediamo di risolverlo. Adesso raccontami la fine e poi torniamo al principio”.
E così fui travolta da un’onda gigante di emozioni, che cavalcavano anarchicamente i minuti della narrazione. Riuscivo a malapena a cogliere qualche parola qui e lì tra un “ma ti rendi conto?”, un “ma ti pare possibile?”, un “ma poi lui che esperienza ha?”. Arrivando al problema, erano mesi che seguiva un ufficio stampa e molto probabilmente era un’attività non compresa dal titolare. Ma il punto non era l’attività non compresa, ma l’energia negativa che circolava in quel contesto e che, come nel caso della spiegazione, stava appannando la percezione anche della diretta interessata che sprecava più energie a difendersi che a costruire una cultura consapevole. Le parole utilizzate erano “non è semplice”, “non riesco ad accontentarla”, “non funziona così” generando come era prevedibile una sensazione di sfiducia e soprattutto di mancanza di professionalità. Cosa assolutamente non vera.
“Calmati adesso, ma fallo veramente. Respira, sorridi e ascoltami. Conosco benissimo la situazione, so che annienta l’energia positiva, e soprattutto l’entusiasmo che ti contraddistingue. Comprendo il tuo stato d’animo e vorrei aiutarti, per questo credo che sia necessario cambiare completamente il registro linguistico, l’approccio e anche la modalità di connessione, o meglio devi riconnetterti con questa persona, riacquisire la sua fiducia e lavorare per accompagnarlo alla comprensione dell’attività”. Sfogliammo assieme i report e come immaginavo dove aveva potuto lavorare sulla costruzione di una vera notizia era uscita molto bene valorizzando l’immagine dell’azienda e rafforzando quella del titolare. Dove invece era stata portata a promuovere il prodotto i risultati erano piuttosto scarsi e con diverse lamentele da parte dei giornalisti che avevano declinato l’informazione. La differenza sta esattamente in questo, la notiziabilità e l’interesse pubblico, ma chi non è del mestiere tutto questo non lo sa e non è neppure tenuto a saperlo fino al momento in cui decide di attivare un servizio. “Ecco vedi, basta spiegare che quando non è una notizia ti propongono publi-redazionali, spazi a pagamento e non raggiungi uscite e dove tu, invece, costruisci la notizia hai degli ottimi risultati”, dico io. “Quindi adesso, facciamo finta che io sia il responsabile e, in tutta onestà e trasparenza spiegami come può funzionare bene un ufficio stampa”. E così, il vulcano eruttò, facendo girare tutte le persone presenti al bar, in quel momento peraltro affollatissimo. “Non potete mettere bocca su ogni parola che uso, perché sono parole che i giornalisti amano e conoscono. Non potete parlare senza leggere ogni giorno attentamente gli articoli sulle testate in cui volete comparire. Non potete pensare di decidere cosa deve scrivere un giornalista e come, e soprattutto quando non è una notiziaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!”. E a queste seguì una lunga e articolata serie di altre frasi.
Ma per fortuna, dopo aver respirato a lungo per un paio di giorni, le mie parole la supportarono nella costruzione di una nuova connessione, molto più forte della precedente e i risultati furono una rassegna stampa strepitosa che venne inserita in tutte le presentazioni aziendali e di prodotto e che, attraverso le principali testate fece aumentare in maniera esponenziale il capitale reputazionale e ancora di più la soddisfazione del cliente.
Se non vuoi anche tu rischiare una crisi di nervi in un bar, mentre mostri la rassegna stampa ad una tua collega, e se non vuoi ridurti a tisane serale dopo la telefonata con il titolare allora ricordati di usare le parole e le leve più corrette prima di firmare un contratto:
- Si tratta di Corporate o Brand? Mettilo subito in chiaro.
- L’ufficio stampa condivide novità, informazioni, esperienze di successo, casi di studio, eventi, progetti e l’analisi del prodotto con un taglio specifico per ciascuna testata, mostragli come compaiono sulle testate, porta con te degli esempi concreti di altri lavori.
- Il comunicato ha una forma, una strutturazione e delle caratteristiche ben precise, porta con te degli esempi di comunicati stampa e una scheda di recap con i numeri della rassegna.
- Per comprendere la modalità di approccio alla notizia di una testata puoi portare dietro delle copie e mostrare come si affronta una determinata tematica a livello giornalistico.
- I numeri parlano chiaro: quando qualcuno è migliore di te e i numeri lo supportano, fai un passo indietro e ringrazia. Riconfeziona la proposta. Se i numeri non ci sono, allora porta i tuoi 😉
- Non dire mai “non si può fare, non va bene, non è una strada percorribile, ma colloca ogni cosa nella sua corretta nomenclatura. Ad esempio se vi stanno proponendo un publiredazionale rispondete che “questo publiredazionale verrà quotato e capiremo il costo e le opportunità di visualizzazioni”.
- Trovate l’occasione di mostrare quanto lavoro c’è dietro ad un’uscita, che non si tratta di scrivere una mail e inviarla a un numero N di indirizzi, ma che si lavora per argomenti, aree, per mail personalizzate e poi con un’attività di recall.
- Se avete un database corposo, i numeri diretti dei giornalisti e un rapporto per il quale quando chiamate vi rispondono, allora avete già le garanzie per poter fare un buon lavoro.
- Usate la rassegna stampa come strumento di marketing, fatela percepire come opportunità di valorizzazione e lavorate su report per ciascun comunicato.
L’epilogo, sarà sicuramente un Happy Ending, i numeri sono sempre la migliore conclusione.