In un presente sempre più digitalizzato, che ci vede proiettati verso un futuro giocato completamente sul piano dell’immagine, emergono con forza una serie di nuove professionalità e dinamiche destinate ad avere un peso molto determinante nell’ambito del marketing e del business in generale. Emblematico in questo senso è lo sviluppo dell’Influencer Marketing, di cui Pulse Group, leader globale nel settore, rappresenta un esempio di eccellenza. Per comprendere meglio questo tipo di trasformazione del mercato della comunicazione, abbiamo intervistato Stefania Casciari, Managing Director Pulse Group Italia.
Christoph Kastenholz e Lara Daniel, co-fondatori di Pulse Group, sono stati da poco nominati da Forbes tra gli under 30 più influenti al mondo per la categoria Media & Marketing: come inizia la storia del gruppo?
Siamo molto orgogliosi che i nostri fondatori, Christoph e Lara, siano stati inseriti nella lista dei 30 under 30 più influenti di Forbes! I due soci hanno rispettivamente 27 e 29 anni e sono rientrati nella categoria “media e pubblicità” perché Pulse è una delle prime agenzie ad aver sviluppato come core business l’influencer marketing. Noi non facciamo altro, è quello l’unico focus della nostra attività. Il modo in cui Kastenholz e Daniel ci sono arrivati è quasi casuale: inizialmente il sogno era quello di lanciare un brand di abbigliamento, Noemii, specializzato in abbigliamento da mare, con parei, costumi da bagno e via dicendo. Iniziando questo tipo di attività, i due si sono scontrati con la difficoltà di comunicare il nuovo marchio, soprattutto per via del suo posizionamento, con una fascia di prezzo abbastanza alta. I nostri fondatori all’epoca non avevano né i contatti né le risorse per andare in tv e farsi pubblicità, per cui hanno cominciato a inviare i prodotti a delle influencer di Instagram e da lì si sono resi conto che questo tipo di attività aveva un ritorno elevato rispetto all’investimento. Alla fine hanno abbandonato il business della moda e hanno deciso di fondare Pulse Group. Oggi il gruppo è costituito da due aree, Pulse Advertising e Pulse Management, e ha tre uffici, uno ad Amburgo, che funge da headquarter, uno a Milano, inaugurato a settembre, e uno a New York. Le due aree coprono ovviamente due ambiti operativi diversi: l’Advertising si occupa dello sviluppo di campagne di Influencer, dalla selezione dell’influencer alla fase creativa, operativa e di reportistica e analisi; mentre l’area Management si occupa della gestione diretta di alcuni talenti, come se fossero delle vere e proprie celebrities del cinema. Questa suddivisione strategica è rispecchiata anche dai fondatori: Christoph è CEO di Pulse Advertising, Lara è CEO di Pulse Management.
Pulse Group ora è presente anche a Milano: perché è nata la necessità di una base in Italia?
Il team italiano è nato circa 2 anni fa, perché l’Italia è stata uno dei primi mercati che il gruppo ha deciso di sviluppare, insieme a Germania e Spagna. All’inizio c’ero solo io a rappresentare il nostro paese ad Amburgo, presso il nostro quartier generale. Poi l’anno scorso, con un team di 8 persone attivo su un pacchetto clienti abbastanza cospicuo, abbiamo deciso di aprire la sede a Milano, dove ora si trovano entrambe le nostre aree di riferimento, Advertising e Management. È stato un processo: nel corso del tempo ci siamo resi conto di avere la necessità di operare il più vicino possibile ai clienti e agli influencer del nostro mercato di competenza.
Il campo dell’Influencer Marketing è in ascesa costante: come si configura il ruolo di un influencer all’interno di una dinamica promozionale di successo?
Sicuramente il nostro è un campo difficile: la conoscenza ancora scarsa delle dinamiche e dei meccanismi dell’influencer marketing crea disorientamento e scalpore, anche perché la novità di questo tipo di attività porta alcune persone a improvvisarsi professionisti e a commettere errori marchiani. Quello che noi facciamo in primo luogo è selezionare gli influencer in base a determinate caratteristiche imprescindibili, prima fra tutte la genuinità. Prendiamo in considerazione soltanto quei personaggi che effettivamente hanno una presenza reale sulle piattaforme digital. Niente follower comprati, ma attività svolte in maniera organica con contenuti che si rivolgono a un target appetibile per i brand. Infine, è cruciale una valutazione di natura qualitativa, perché ogni influencer è tale all’interno di un determinato ambito e non può esserlo per tutto, senza differenziazioni.
Puoi raccontarci alcune case history particolarmente significative per il gruppo?
La prima attività che mi viene in mente è quella che stiamo facendo a livello europeo con Telekom, partendo dalla Germania, con lo scopo di ringiovanire il brand e parlare a un target molto giovane. Ciò che abbiamo fatto è stato intervenire con una serie di iniziative diverse, dal product placement del prodotto a contenuti speciali e a video realizzati da youtuber per spiegare le diverse funzionalità del prodotto. Abbiamo coinvolto alcuni top influencer e moltissimi micro influencer, per poter raggiungere meglio il target specifico, studiando attentamente le demografiche di ciascun influencer. Ad ogni personaggio sono stati associati dei link di conversione per capire quanti utenti alla fine sceglievano di andare sul sito e acquistare il prodotto Telekom. Questa è una delle attività più dettagliate mai poste in essere, proprio perché è stato fondamentale avere la possibilità di misurare i risultati per testare l’efficacia della strategia. Lo scorso anno, invece, per Paul & Shark, abbiamo sviluppato una campagna a partire da un semplice brief: l’azienda doveva lanciare una giacca chiamata 777, studiata per riparare dalla pioggia, ma il lancio doveva avvenire nella modalità più creativa possibile, per far sì che ne parlassero anche i giornali. Allora abbiamo scelto uno youtuber, l’americano Erik Conover, gli abbiamo fatto indossare la giacca per 7 giorni e lo abbiamo mandato in 7 località della Norvegia per svolgere 7 attività estreme differenti. Surf, kayak e tanto altro: abbiamo sviluppato tutto il concept creativo relativo alle attività svolte da Erik, giocando insistentemente sulla ripetizione del numero 7. Ovviamente, ogni dettaglio è stato comunicato ai giornalisti e Conover è stato ospite anche nello showroom del cliente per incontrare direttamente i reporter. Il goal della campagna era quello di svecchiare il marchio e di creare dei contenuti notiziabili e siamo riusciti a raggiungerlo in pieno.
L’Influencer Marketing è maggiormente efficace su un target di giovanissimi o può essere indirizzato a un pubblico ancora più ampio?
Dipende. Di certo esistono alcuni canali che sono più adatti a un pubblico più giovane, come ad esempio Instagram. Allo stesso tempo, però, esistono altri canali, Facebook e Twitter su tutti, che riescono a rivolgersi con agilità a un ventaglio variegato di pubblici diversi. La nostra agenzia opera anche offline, per cui è facile avere a che fare con influencer non particolarmente forti su determinati canali, ma riconosciuti come autorevoli per altre vie, magari da un gruppo di persone più adulte, abituate a comunicare in maniera del tutto differente rispetto ai millennials. In generale, gli utenti dei social network hanno un’età più giovane, per cui la sfida è trovare su ogni piattaforma il target giusto per ogni brand e le modalità più adeguate per colpirlo e coinvolgerlo.
Elisabetta Pasca