Il 2018 sancisce il trentesimo anniversario della connessione di Stoccolma al National Science Foundation Network (NSFNET), che ha rappresentato il collegamento ufficiale dell’Europa alla neonata infrastruttura internet negli Stati Uniti. In questi 30 anni il web si è evoluto, arricchendosi di novità e potenzialità, e continua a modificarsi ogni giorno, stando al passo con le innovazioni tecnologiche che modificano di continuo il nostro modo di vivere, comunicare e pensare. Per capire meglio i trend che determineranno nel breve e medio periodo lo sviluppo della rete, abbiamo intervistato Alessandro Livrea, Country Manager Akamai Italia.
Che tipo di opportunità possono aprirsi per le aziende e per il business a seguito dell’ottimizzazione della realtà virtuale nei processi produttivi?
Di fatto la realtà virtuale è una tecnologia disponibile più o meno dal 2012, però, benché il mercato sia in continua crescita, ancora non ne abbiamo visto tutte le applicazioni possibili: di sicuro si tratta di una tecnologia che cambierà tantissimi comparti, a partire da quello giornalistico. Anni fa, la giornalista Barbara Allen creò un video totalmente immersivo per far sì che gli utenti potessero simulare l’esperienza traumatica dell’Uragano Katrina: questo esperimento poi è stato ripreso più volte in ambito giornalistico, fino ad arrivare al New York Times che di recente ha messo a disposizione dei suoi abbonati dei contributi in realtà virtuale dedicati. Il nodo centrale è che la realtà virtuale dovrebbe far spostare un contesto e farlo vivere in maniera totalizzante alle persone: questo principio rende ipotizzabili le applicazioni più disparate. Moltissime case automobilistiche, ad esempio, forniscono delle postazioni di realtà virtuale per provare i veicoli, con un accesso immediato a tutte le funzioni. La RV consente infatti di comunicare tutta una serie di informazioni che altrimenti potrebbero essere “manipolate” dal personale in carne e ossa. È interessante l’esempio di Renault Trucks: l’azienda vuole mettere a disposizione degli operai dei visori di realtà virtuale per il controllo della qualità, ossia la parte più importante per la funzionalità stessa del motore. Gli operai avranno dei visori che consentiranno loro di fare un check anche sulla componentistica minuta, in modo da poter individuare subito eventuali difetti, avendo accesso immediato alle informazioni fondamentali circa l’operazione che devono svolgere. Per non parlare delle applicazioni della RV in campo medico: laddove c’è un contesto complicato la RV può aiutare in maniera sostanziale l’essere umano a decifrare ogni elemento circostante. Ovviamente esistono delle criticità: ad oggi tutti i visori di RV utilizzano una cablatura molto pesante, per cui la propensione di acquisto risulta scoraggiata. Occorre lavorare su questo aspetto e sulla qualità di visione ovviamente, mentre, in seconda battuta, sarà necessario intervenire sulla trasmissione dei dati. Per la RV, la mole di dati trasmessa è notevolissima e viaggia su Internet, per cui sarà necessario trovare il modo di spostare questi dati nella maniera più veloce e ottimizzata possibile.
Quali sono i rischi concreti connessi alla crescente diffusione di dispositivi IoT?
I rischi in realtà sono enormi e già un paio di anni fa la situazione era preoccupante: il concetto di IoT è bellissimo, certo, perché aumenta efficacia e convenienza dei processi produttivi, ma apre il campo a tutta una serie di minacce che prima non esistevano, soprattutto nel campo della privacy. Molti prodotti IoT sono stati realizzati, soprattutto all’inizio, senza alcun riguardo per la sicurezza degli utenti, diventando un ipotetico Eldorado per chi attacca. Quando si parla di IoT, ci riferiamo ad applicazioni che senza dubbio mirano alla semplificazione della routine di tutti i giorni, ma al prezzo di esporre i nostri dati a tutta una serie di criticità. In realtà, questi oggetti vengono presi di mira non solo perché è possibile sottrarre loro dati sensibili, ma anche perché è relativamente facile per un hacker condizionare questi oggetti e farli diventare strumenti e veicoli di ulteriori azioni malevole, come può accadere ad esempio con i dispositivi di videosorveglianza, semplici da bucare e da riconvertire. Un altro discorso da affrontare è quello suibot: ogni IoT è potenzialmente un bot, ossia una delle minacce più consistenti nel panorama informatico. Occorre dunque prestare notevole attenzione alla loro gesione, sia da parte delle aziende, che da parte degli utenti, per ridurre rischi e minacce e individuare le soluzioni più soddisfacenti per tutti.
Per il 5G bisogna aspettare il 2020: come agiranno gli operatori per migliorare la resa video nel frattempo, data la preponderanza ormai consolidata di questo formato?
Di sicuro gli operatori non possono permettersi di aspettare fino al 2020, le aspettative degli utenti sono ben chiare: avere un’esperienza online che sia paragonabile, in termini di qualità visiva, almeno a quella televisiva. Esistono delle criticità tecniche sostanziali: serve spostare una quantità di dati enorme. Non tutti i dispositivi mobile sono dotati di una connessione stabile, ma gli utenti si aspettano che la qualità sia sempre alta, indipendentemente dalle condizioni con le quali si stanno connettendo. Oggi non consegnare un servizio che sia all’altezza dei desiderata degli utenti significa mettersi sotto ai piedi dei competitor. Ci sono già delle alternative che non passano dal 5G: quando si ha a che fare con video in altissima definizione, ad esempio, i protocolli ibridi sono molto utili. Insieme ai protocolli più classici, in Akamai utilizziamo anche protocolli UDP e tecniche in consegna predittiva. Significa che quando si ha un’intelligenza sufficiente a capire quali contenuti vorrebbe vedere un determinato utente, è possibile cominciare a spostare i contenuti all’interno del device prima ancora che l’utente lo richieda. Una volta che il contenuto viene spostato all’interno del device, rimane disponibile anche in assenza di connessione. Esiste anche un tipo di delivery misto: alle formule di consegna classica si affiancano quelle chiamate peer assisted. In sostanza, è come parcellizzare l’informazione e recuperarla laddove è più facile, in tempo reale, in una formula di peer to peer assistito. Nel 2018 ci saranno molti eventi sportivi da seguire: la congestione è inevitabile, studiare soluzioni possibili imprescindibile.
Il 2018 è l’anno delle auto connesse: quali nuove soluzioni per la connettività si faranno strada per supportare questa nuova generazione di veicoli?
Questo campo ancora oggi ha delle problematiche tecniche da superare: quando parliamo di connected cars, facciamo riferimento alla capacità di questi veicoli di aggiornarsi “over the air”, cioè di effettuare quei download che le rendono in grado di compiere nuove azioni. Ad esempio, i produttori riescono a effettuare interventi sui veicoli senza richiamarli in officina, con un risparmio netto in termini economici e di tempo per i clienti. Tutto questo però si scontra col fatto che purtroppo sono pochissime le auto connesse al wifi, bisogna trovare perciò soluzioni risolutive in questo senso. Un altro aspetto cruciale per le connected cars riguarda la possibilità di sfruttare dei sistemi di planimetria in tempo reale: esistono dei protocolli appositi per lo scambio di informazioni. È necessario che queste rilevazioni si facciano in tempo reale, attraverso la capillarità della distribuzione e dello scambio immediato di informazioni, come nel caso del riconoscimento di un ostacolo sul percorso. Una volta superati questi due problemi tecnologici, le applicazioni sono innumerevoli e portano alla realizzazione compiuta dei veicoli che si guidano da soli, più intelligenti e indipendenti possibile. È questa la direzione verso la quale stiamo andando.
Quali problematiche incontreremo nel 2018 in materia di streaming video?
Ormai è provato che più è alta la qualità più è alto l’engagement degli utenti e meno essi saranno propensi ad abbandonare il provider che gli sta fornendo quel determinato contenuto video. In un momento in cui la competizione tra OTT è alle stelle, bisogna poter rispondere con contenuti di altissima qualità nel migliore dei modi possibili.
Come cambieranno le abitudini di ascolto e il mercato della musica a seguito degli incentivi relativi allo streaming audio in Europa?
Ormai è chiaro che c’è uno spostamento dai vecchi sistemi agli smart speakers, i quali, oltre a essere smart, forniscono tutta una serie di comodità accessorie. Alcuni dati per riflettere: in UK, per esempio, uno degli ultimi week end di dicembre 2017, sono stati ascoltati 1,5 miliardi di brani in streaming e si stima che nel 2017 in Europa ciascuno di noi abbia ascoltato almeno 1000 tracce in streaming. Si tratta di un cambio notevole nelle abitudini di consumo e dunque i produttori si devono attrezzare di conseguenza, per fornire questo tipo di contenuti con la massima qualità possibile. Indietro non si torna.
Il trattamento e la gestione dei dati degli utenti ha un nuovo regolamento: il GDPR entrerà in vigore dal 25 maggio prossimo con quali conseguenze?
Il concetto principale è che intanto i nostri dati personali saranno più al sicuro. Fino a oggi è mancata una sensibilità adeguata per la protezione dei dati e infatti questi ultimi erano facile preda per i saccheggiatori della rete. Ora finalmente si raggiunge un obiettivo importante di tutela, con la definizione di regole e sanzioni certe per chi mette a repentaglio o viola con le proprie azioni la sicurezza in rete. Per le aziende questo comporta di prendere tutte le misure necessarie a proteggere effettivamente i dati degli utenti, lavorando sull’individuazione del rischio. Attualmente tutto ciò che approcciamo online richiede l’inserimento dei propri dati personali: la frontiera sulla quale si combatte la battaglia della nostra sicurezza è indubbiamente giocata su quel campo. Occorre che le informazioni fornite in rete non vengano diffuse a terzi indesiderati. Alla fine, le aziende devono essere all’interno della legge e compiere le scelte più opportune passando attraverso sistemi in cloud, soprattutto per la manutenzione. Si devono mettere a disposizione dell’intero cloud le contromisure rese disponibili per il singolo cliente, come facciamo da tempo in Akamai. Una volta che viene scoperto un nuovo tipo di attacco, mettiamo a disposizione di tutti i nostri clienti le soluzioni in real time.
Un commento finale sugli scenari del web nel 2018 in Europa?
Parlando di intelligenza artificiale e di machine learning, che sono le due facce della stessa medaglia, ci rendiamo conto che troppo spesso essi diventano strumenti utilizzati per attaccare: già oggi ci sono delle macchine in grado di superare i captcha di sicurezza. La gestione dei bot resterà sicuramente un tema preponderante per il 2018, in un sito web molte entità diverse possono interagire online con gli utenti, partner, concorrenti, ma anche autori di attacchi e truffatori. La loro interazione attraverso bot automatizzati può avere un’ampia gamma di ripercussioni, sia positive che negative, sul business e sulle infrastrutture. L’approccio tradizionale, che consiste nel bloccare tutti i bot, può avere d’altro canto effetti collaterali indesiderati senza risolvere il problema di base. Bisogna concentrarsi per trovare soluzioni funzionali ed efficaci. Bot Manager di Akamai fornisce ad esempio un framework flessibile per aiutare a gestire meglio le interazioni con queste entità online. Identificare, classificare e reagire in modo appropriato ai diversi tipi di bot in base al loro impatto sul business e sull’infrastruttura IT è una sfida cruciale per gli anni a venire.
Elisabetta Pasca