Nel 1998 si festeggiava, a Napoli, la prima Giornata mondiale della Pasta, con l’intento di raccontare tutti i plus di un cibo buono, salutare, nutriente, accessibile e sostenibile, celebrando la sua storia e auspicando il suo ruolo di protagonista nell’alimentazione mondiale del futuro. Da allora, con cadenza annuale, l’appuntamento si è rinnovato, toccando diverse città, in Italia (Genova, Roma, Napoli, di nuovo Roma, Milano) e nel mondo (Barcellona, Buenos Aires, Città del Messico, Istanbul, New York, Mosca, Rio de Janeiro, San Paolo del Brasile). Nel corso di questi 25 anni, la pasta è stata protagonista di una grande trasformazione, a livello sostanziale e non solo, ha saputo rinnovarsi e adattarsi a stili di vita differenti con nuove tipologie (dall’integrale alle paste speciali o arricchite a quelle senza glutine) e formati. Nel 2006 è nata l’IPO – International Pasta Organisation che ha come missione quella di raccontare al mondo i plus, anche nutrizionali, di un’alimentazione basata sulla pasta e ha dato una spinta decisiva alla realizzazione del documento di Consenso Scientifico “Healthy Pasta Meal” sottoscritto da nutrizionisti di tutto il mondo che incorpora le più recenti evidenze sull’importanza della dieta Mediterranea e sul ruolo che gioca la pasta al suo interno.
Un focus su ciò che ha reso la pasta globale negli ultimi 25 anni, dal 1998 a oggi
Ecco cosa è successo in questi 25 anni:
- La produzione mondiale di pasta è quasi raddoppiata. In 25 anni, è passata da 9 a 17 milioni di tonnellate. Secondo i dati di I.P.O. (International Pasta Organisation) sono 40 i Paesi che ne producono in quantità superiori alle 20.000 tonnellate. Allora come oggi, l’Italia guida questo mercato. E 1 piatto di pasta su 4 mangiato nel mondo – 3 su 4 in Europa – è fatto con pasta italiana. Sono quasi raddoppiati (52 oggi contro i 30 di allora) i Paesi dove si consuma più di 1 kg pro capite di pasta all’anno. In Italia il consumo pro-capite è di 23 chilogrammi, contro i 17 kg della Tunisia, seconda in questa speciale classifica, mentre in Venezuela il consumo di pasta e pari a 13,6 kg.
- Rispetto a 25 anni fa il mondo mangia sempre più pasta italiana. Secondo elaborazioni di Unione Italiana Food, sono aumentati i Paesi destinatari (oggi quasi 200, +6,4%) ed è triplicata la quota export, passando da 740mila a 2,3 milioni di tonnellate (+4,5% sul 2021), rappresentando il 62,7% della produzione. Più della metà della pasta prodotta in Italia finisce all’estero. Germania, Regno Unito, Francia, Stati Uniti e Giappone si confermano i Paesi più ricettivi. È di casa nei ristoranti di tutto il mondo e una generazione di cuochi che guardano al futuro puntando su semplicità, genuinità e tradizioni glocal, hanno trovato nella pasta l’ideale punto di contatto tra diverse cucine e territori, per di più senza controindicazioni culturali e religiose.
- Nel 2010 l’UNESCO ha dichiarato la Dieta Mediterranea patrimonio comune immateriale dell’umanità. E la pasta, in questa dieta, ha un ruolo d’elezione. Modello alimentare sano ed equilibrato fondato prevalentemente su cibi di origine vegetale e sul loro consumo diversificato e bilanciato, come hanno dimostrato diversi studi scientifici, aiuta a prevenire le principali malattie croniche come patologie cardiovascolari, diabete, bulimia e obesità, tumori. Negli anni, complici anche gli appelli di nutrizionisti e autorità sanitarie per una alimentazione più sana e consapevole, la frugalità e la semplicità della pasta secca sono diventati un incentivo al consumo.
- In 25 anni è diventata sempre più sostenibile. I pastai hanno risposto alle nuove esigenze del consumatore globale puntando su innovazione e diversificazione dell’offerta: pasta integrale, gluten free, bio, fortificate, con farine di legumi e superfoods, a rapida cottura, etc. ma l’innovazione più importante è quella che non si vede nel piatto. In questi anni, grazie al miglioramento dei processi e a contratti di coltivazione che puntano sulla sostenibilità e buone pratiche agricole, i pastai hanno ridotto sensibilmente i consumi d’acqua e emissioni di CO2 connessi alla produzione di pasta. Questo alimento ha un impatto ambientale estremamente basso (l’impronta ecologica per porzione di 1 m² globale). Inoltre, a tavola è protagonista di tante ricette antispreco che valorizzano gli avanzi in piatti sostanziosi e prelibati. Infine, che sia in cartone o in film plastico, il suo packaging permette un recupero al 100% dei materiali di imballaggio.
Ha risposto sul campo alle fake news delle diete iper proteiche. Dal 2002, anno in cui il New York Times conia il neologismo “carbophobia” e circa 26 milioni di americani abbandonano del tutto pasta, pane e patate, sono cambiate molte cose: diversi autorevoli studi dimostrano che la pasta non fa ingrassare e una dieta a base di carboidrati allunga la vita, specie se inserita nel quadro di un modello alimentare mediterraneo. Dopo la carbofobia, la glutenfobia: le esortazioni a ridurre o eliminare il consumo di pasta per via della presenza del glutine, accusato di far male o far ingrassare, sono state liquidate dalla comunità scientifica internazionale come accuse prive di fondamento. Questa proteina è nociva solo per coloro che soffrono di celiachia o gluten sensitivity.