C’è tutto un mondo oltre la porta di casa propria e diventa ogni giorno sempre più semplice partire per scoprirlo. In questo particolare momento storico, in effetti, la mobilità sta conoscendo una serie di evoluzioni e cambiamenti densi di nuove opportunità, soprattutto in termini di condivisione e collaborazione, che consentono di uscire dalla propria zona comfort per esplorare nuovi territori e arricchirsi di esperienze. Lo sa molto bene Dario Femiani, il giovane Country Manager Italia di Yescapa, piattaforma online e app di camper sharing di origine francese, giunta in Italia ad aprile 2018, con 250.000 utenti in tutta Europa. Nel percorso di Femiani figurano importanti esperienze di studio e lavoro all’estero, che lo hanno portato ad approdare in Francia per conoscere più da vicino il mondo della sharing economy.
In che modo si è sviluppata la sua esperienza professionale?
Ho studiato Economia e Direzione delle Imprese a Torino: vincendo una borsa di studio, ho potuto frequentare per un anno l’Università di Belo Orizonte in Brasile. Si è trattato del primo spostamento notevole della mia vita, il mio primo viaggio importante. Non potevo accontentarmi: zaino in spalla, ho approfittato dell’opportunità per conoscere meglio una realtà enorme e sfaccettata come il Sudamerica, viaggiando in Argentina, Perù, Bolivia e ovviamente in Brasile. Sono entrato in contatto con un mondo nuovo, ho conosciuto la realtà degli ostelli, incontrando blogger e viaggiatori da tutto il mondo sul mio cammino. Ricordo di essere rimasto affascinato dalla modalità del digital nomade job, attraverso cui delle persone, grazie al pc, riuscivano a lavorare praticamente dappertutto. Dopo questa esperienza, mi sono laureato e sono subito ripartito per la Cina. Ho lavorato per un anno in una società italiana specializzata nell’esportazione di caffè Made in Italy in Asia, con sede a Shangai: ho iniziato dal marketing, con una mansione prettamente commerciale. Al mio rientro in Europa, sono finito in Francia, quasi per caso, e a Lione ho iniziato a prendere confidenza con il francese, con una full immersion nella cultura locale. Dopo la Francia è stato il turno dell’Australia: l’idea era quella di fare un grande viaggio itinerante ma poi mi sono fermato lì due anni, con un working and holiday visa, lavorando in molti ambiti diversi, dalla ristorazione alle costruzioni. Qui ho scoperto la passione per il lavoro manuale e ho cominciato a camperizzare i mezzi più diversi, dai 4×4 a van e furgoncini. Ovviamente non mi sono fermato.
Infatti il viaggio emerge già come esperienza ricorrente.
Il tema del viaggio è una costante nella mia formazione umana e professionale. Dopo l’Australia, tornando a casa, sono rimasto folgorato dal potenziale della sharing economy e mi sono detto che era il caso di mettermi in gioco. Volevo trovare una startup basata su un modello collaborativo, con una piattaforma peer to peer per gestire le interazioni tra privati garantendo fiducia e sicurezza. Ho iniziato a guardarmi intorno in questa direzione e mi sono ritrovato a Berlino, una vera e propria fucina di innovazione. Il destino alla fine mi ha portato da Yescapa, che si occupava, guarda caso, di viaggi itineranti con mezzi camperizzati, essendo la più grande piattaforma di camper-sharing in Europa, con una community di oltre 250mila utenti attivi e più di 6.000 veicoli disponibili in tutta Europa. Avevo finalmente raggiunto ciò che desideravo, il connubio perfetto.
Com’è stato il primo approccio con l’azienda?
Quando mi sono presentato ai colloqui, i vertici di Yescapa avevano in mente di lanciare il servizio in Italia, ma non c’era ancora nulla di concreto. C’era stato un investimento di 3 milioni di euro per consentire alla società di aprire nuovi mercati, come Italia, Germania e Regno Unito. Non esisteva però nessuna vera ricerca o analisi di mercato sul nostro paese e così io ho iniziato proprio da questo gap, studiando a fondo le specificità del nostro territorio. In Italia abbiamo trovato un mercato vergine e abbiamo dovuto costruire tutto dall’inizio, infatti il primo anno della mia attività è stato dedicato proprio all’implementazione del business model, alla stipula di un accordo con una compagnia assicurativa e alla costruzione delle basi della piattaforma. Certo, la mentalità degli italiani è naturalmente propensa allo sharing, ma il quadro normativo e assicurativo nazionale e la burocrazia esistente complicano la situazione.
Come funziona il servizio e come è stato accolto in Italia?
Abbracciando i principi della sharing economy, Yescapa promuove la condivisione di camper, van e furgoni camperizzati tra privati in totale sicurezza. Si tratta di un modello collaborativo attraverso il quale i viaggiatori possono trovare in tutta Europa il proprio veicolo preferito, a prezzi economici e a condizioni flessibili, e, allo stesso tempo, i proprietari hanno la possibilità di ammortizzare i costi di mantenimento. Lo scopo è democratizzare l’utilizzo del camper, un bene di lusso spesso immobilizzato: mediamente un camper resta fermo 295 giorni all’anno, a fronte di un costo di mantenimento di 3.000 euro. Il servizio è stato accolto in Italia in maniera estremamente positiva: in appena 6 mesi dal lancio, avvenuto il 15 aprile scorso, abbiamo registrato più di 3.000 richieste di viaggio, portando nelle tasche dei proprietari italiani oltre 350mila euro. Non mi attendevo un esordio così entusiasmante, anche perché l’Italia è stato il penultimo mercato lanciato, prima del Portogallo: le aspettative invece sono state triplicate. Il riscontro positivo è stato confermato poi dalle recensioni: si è creato un bel rapporto, stretto e sincero, con gli utenti. Yescapa è davvero conviviale. La fiducia è alla base di un servizio come il nostro.
Cosa c’è nell’avvenire della mobilità condivisa?
Un tema che per me resta cruciale, rispetto al futuro della mobilità condivisa, è quello relativo all’adeguamento del codice della strada. Fino a pochi anni fa, nessuno nemmeno immaginava la possibilità di condividere un veicolo con un altro automobilista sconosciuto e oggi, in merito alla questione, sussiste una sorta di vuoto normativo, che non riesce ad essere compensato dalle regole vigenti. Si crea così un circolo vizioso, in cui attori determinanti come le assicurazioni spesso si tirano indietro, perché non vogliono investire in un servizio non del tutto disciplinato. L’economia collaborativa e, in special modo, la mobilità condivisa giocano dunque la loro partita sul piano legislativo: occorre impegnarsi per l’adeguamento della legislazione rispetto all’evoluzione concreta del mondo dei trasporti. Per quanto mi riguarda, sono molto ottimista, tutto mi fa pensare a uno sviluppo sempre più intenso di queste modalità di condivisione: la legge e le istituzioni non potranno restare indietro ancora a lungo.
Elisabetta Pasca