Un mercato conversazionale basato sul senso di appartenenza e condivisione dei valori tra comunicazione interna e esterna
di Francesca Anzalone
In un mercato in cui l’informazione corre in maniera trasversale e multi canale, in cui le voci autorevoli si moltiplicano e vengono promossi lo scambio di conoscenza e una nuova organizzazione sociale, la comunicazione è costante e ognuno può prendere parte alle conversazioni in maniera più o meno consapevole.
Oggi le aziende e le amministrazioni hanno modificato la loro visione e hanno compreso quanto il punto di vista delle persone sia arricchente e talvolta anche motivo di criticità quando il messaggio non viene ponderato con le dovute accortezze.
Ma andiamo con ordine e iniziamo con il ricordarci a voce alta che nel nuovo mercato non esistono segreti.
Proprio così perché in questo mercato conversazionale non possono esistere segreti: non possiamo nasconderci dietro alle scuse “ma io l’ho postato sul mio profilo per i miei amici, oppure l’ho mandato via WhatsApp ad un collega, o ancora, era un semplice commento sulla bacheca di un ex collega”. Ognuno ha il diritto di commentare, partecipare, dare un giudizio, fare una recensione, ma al tempo stesso deve ricordarsi di essere oggetto di osservazione, ascolto e giudizio di altre persone. Ed è in questa nuova logica che tutti conoscono ogni aspetto di un prodotto, servizio, persona, che possono costruirsi una loro visione o fraintendere messaggi e interpretarli in maniera errata, se non addirittura sfruttare delle debolezze di un contenuto per distorcerne il significato iniziale.
Oggi dunque la differenza la fanno le persone e il loro senso di appartenenza, vicinanza, approvazione e condivisione di valori nei quali si identificano e la loro consapevolezza nell’uso del web e più in particolare nell’uso dei social.
Quale dunque l’obiettivo del nuovo comunicatore? E quali gli aspetti che deve tenere a mente per riuscire a mantenere alta la reputazione e il coinvolgimento?
Ce lo siamo chiesti analizzando conversazioni, verificando il coinvolgimento e cercando di dipanare il bandolo del “da dove partire”?
Tutto parte dal senso di appartenenza e dai valori che vengono comunicati all’esterno, il pubblico sente, vede, legge e approfondisce contenuti che seguono una logica di comunicazione ben delineata (nelle realtà in cui la comunicazione ha un valore alto) ma soprattutto percepisce dalle persone il livello di verità e credibilità di tali informazioni.
Il primo Ambassador di un’azienda o di una PA è la persona che ne fa parte, dal dipendente al consulente, al collaboratore occasionale e il loro pensiero, giudizio, tasso di coinvolgimento è percepibile costantemente, soprattutto attraverso i social network. Nel web non vi è nulla di segreto e ancora di più ciò che viene condiviso diventa “a tempo indeterminato” verso un numero potenzialmente infinito di referenti e un’informazione che Google può “agganciare” e indicizzare nelle proprie informazioni.
Tutti possiamo reperire informazioni, tra queste ad esempio: chi ha lavorato per un’azienda, facilmente rintracciabile se il collaboratore ha inserito la sua esperienza su LinkedIn, oppure se ne ha inserito l’inizio di un nuovo lavoro su Facebook, e da questo, proprio per la natura stessa del web, arrivare a unire i tanti punti che possono comporre l’informazione desiderata.
Analizzando i messaggi online, da testi a foto a dettagli geografici, ecc riusciamo a scoprire infinite informazioni e sempre più precise su un determinato argomento. Non dimentichiamolo, la rete per sua natura è un insieme di collegamenti tra nodi di informazioni.
Non facciamoci cogliere impreparati ma pensiamo a quali strategie mettere in atto, ti lascio con tre consigli su cui riflettere:
1. Iniziamo dal Team Work: prima di impostare la strategia di comunicazione verso l’esterno bisogna impostare una comunicazione condivisa all’interno lavorando su valori, identità e linee guida che identificano l’azienda e soprattutto la percezione dell’azienda dall’interno. Se queste non corrispondono meglio lavorare all’interno prima di creare confusione nell’utente finale.
2. Prevenzione del rischio: prima di costruire i nuovi contenuti analizzare le criticità che posso costituire un rischio nella buona riuscita del messaggio da condividere. Il nuovo controllo qualità passa da una verifica delle possibili difficoltà percepite e percepibili. Se non vi sono punti deboli allora possiamo proseguire.
3. Competenze delle risorse umane sempre aggiornate: tutti usano ormai i social, ma quanti ne hanno la corretta visione tra rischi e opportunità? Meglio investire sei ore in formazione su come possiamo essere letti, spiati e percepiti e su quali rischi possiamo fare correre all’azienda piuttosto che ritrovarci a gestire comunicazione di crisi a sorpresa.
Per un approfondimento ti rimando al mio volume Ufficio stampa e digital PR, la nuova comunicazione (Hoepli, 2017).
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